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La Principessa e la Misteriosa Creatura (part two)

LothairKeist

Registered User
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Jun 11, 2003
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Qui di seguito la seconda parte! :bouncybou

Buona lettura a tutti!
:imouttahe:imouttahe








PARTE 2 – Odio, Demini e Vendette...


Passarono due stagioni da quando la principessa fece ritorno al suo castello; ora, venuto a mancare suo padre, ne aveva ereditata la corona e governava con giustizia il suo popolo.
L’uovo-seme da lei piantato era rapidamente germinato e, grazie a le sue visite giornaliere, era altrettanto rapidamente cresciuto, tanto che superava la creatura d’origine che abitava l’antica foresta; all’inizio, quando era ancora un pianticella, la ragazza le si sdraiava accanto oppure avvicinava i suoi piedi, affinché gli ancora piccoli tentacoli potessero facilmente solleticarla.
Aurora si era ormai abituata a recarsi dal suo “compagno di giochi” e, per una maggiore familiarità, lo aveva chiamato affettuosamente Plumy; dal canto suo la creatura era molto affezionata alla ragazza, tanto da considerarla quasi una madre, era molto triste se lei non andava da lui e, quando questo accadeva, Plumy si vendicava (bonariamente) all’incontro successivo solleticandola senza riguardi nei punti che sapeva essere i più sensibili.
Per permettergli di crescere “sano” (anche se non è esattamente il termine più appropriato…), la principessa aveva chiesto anche alle sue ancelle personali di recarsi almeno una volta a settimana dalla creatura affinché potesse giocare con ragazze diverse: ricordava infatti la raccomandazione della Tickle Beast del Glade su tale argomento.
Dopo un primo periodo di incertezza ed inquietudine però, anche le ancelle si erano abituate a farsi solleticare e lo trovavano divertente; tra l’altro, tutte loro erano coetanee della principessa e tutte molto graziose e gentili, quindi Plumy era molto contento delle loro visite, specialmente quando si recavano da lui insieme.
Fra queste, Lucine, una bambina di dodici anni (sorella minore di una di loro e più giovane fra tutte le ancelle), era la compagna di giochi preferita della creatura, anche se al primo posto restava sempre sua “madre adottiva”: la principessa.
Un triste giorno però, dalle impervie montagne del nord, calarono orde fameliche di malvagie bestie guidate da un oscuro demone intenzionato a distruggere i regni delle FameLands: ed il primo sarebbe stato proprio quello della principessa.
Armato l’esercito in tutta fretta, Aurora partì alla volta del confine con la volontà di respingere le schiere di troll, orchi, giganti e belve che avanzavano seminando ovunque terrore e desolazione.
Con lei andarono anche le sue ancella, tranne la piccola Lucine incaricata di tener compagnia a Plumy durante l’assenza delle altre ragazze, senza però dirgli della guerra per non farlo preoccupare.
I mesi si susseguirono.
Dal fronte arrivavano notizie di terribili massacri compiuti dai mostri ma le voci di eccezionali vittorie della principessa di Alabaste (questo il nome del grande regno edificato da suo padre) si susseguivano con altrettanta velocità.
Da tutti i regni vicini, poi, accorrevano rinforzi per proteggere i confini; la guerra sembrava destinata a durare poiché gli assalitori sembravano non finire mai.
In quegli oscuri giorni di inquietudine la bambina si recava spesso dalla creatura che abitava la foresta affianco del castello e, anche se gli aveva spiegato il motivo per cui la principessa non avrebbe potuto fargli più visita (inventandosi una storia abbastanza credibile), Plumy era triste ed angosciato.
Un pomeriggio, mentre la creatura solleticava le ascelle e i fianchi di Lucine con delle piume di aquila, la bambina si accorse che non era il solito solletico e che la creatura non era allegra come era sempre avvenuto ma se ne rimaneva in silenzio, come sovra pensiero.
Allora, tra una risata e l’altra, la piccola chiese: “Che cos-ahhahahahahahahahahahaha ti seccede-heeheeheeheehee Plumy? Ahhahahahahahahahaha perché se-heeheehee-i trist-ahhahahahahahahahahahaha”.
La bambina non riuscì a finire la sua frase perché fu attraversata da un’onda di risate incontenibili perché una delle piume era passata solleticargli l’ombelico (la sua zona più sensibile), affiancata da alcuni sottilissimi tentacoli.
Tra le risa di lei, il mostro parlò: “Perché?”.
Il suo tono cambiò, “Perché?”.
Altre piume andarono ad accarezzare i piedi di Lucine che, dopo questo nuovo affondo, rideva freneticamente: “Ahhahahahahahahaha Aspett-ahhahahahaha! Fe-heeheeheeheeheeheehee-rmati Ahhahehehehahahahahahahahahahahahahah un attimo! Ahhahahahahahahahahahahahaha Pe-heeheeheeheehee-r favore-heeheeheeheeheehee. Ahhahahahahahahahahahaha.
“Perché?”, la voce del mostro si fece più profonda; “Perché?”, disse quasi gridando e chiaramente alterato.
Altri viticci si aggiunsero a quelli già presenti ed andarono a colpire con insopportabili carezze quei punti prima ignorati.
“PERCHE’??”, la creatura gridò in tutto il suo vigore, con un urlo che fece tremare l’intera foresta, “PERCHE’ MI HA ABBANDONATO!!”; il mostro sembrava sconvolto e soprappensiero, non si rendeva conto di avere ancora la piccola fra le sue spire…
Per la povera Lucine tutto quel solletico era troppo intenso per poterlo sopportare, le sue risate si fecero isteriche ed erano interrotte dagli spasmi in cui cercava aria: non aveva mai provato una simile sensazione, non riusciva più a respirare ed ormai le risate non erano che un pianto disperato un cui le lacrime scendevano lungo il suo volto da occhi sbarrati e sconvolto.
I viticci si agitavano come dita impazzite e altri se ne aggiungevano.
La sua mente non sarebbe riuscita a sopportare ancora a lungo tutto quel solletico, allora con un ultimo gemito disperato gridò: “FERMATI! TI SUPPLICO!!”, poi, allo stremo, svenne.
A questo grido, il mostro tornò in se e si rese conto di ciò che aveva fatto.
Preso dal panico, credette di aver ucciso la bambina e, trascinandosi con le radici, fuggi sconvolto nel cuore della foresta.
Con la sua forza spaventosa riuscì a farsi facilmente largo tra gli alberi (anche se con una certa lentezza); mentre si spostava si chiedeva come avesse potuto uccidere un’innocente, per di più la sua migliore amica!
In quel momento nella sua mente balenò un oscuro pensiero: è stata tutta colpa di sua madre… se non lo avesse abbandonato lui non si sarebbe lasciato trasportare dalla rabbia e non avrebbe ucciso nessuno… sarebbe stato bravo… non avrebbe fatto del male alla piccola Lucine… si… era solo colpa di sua madre!
Si fece allora largo nel suo animo un sentimento nuovo e fino ad allora sconosciuto: vendetta!
VENDETTA… verso che lo aveva abbandonato!
VENDETTA… verso chi lo aveva portato ad uccidere!
VENDETTA… verso chi lo aveva tradito!
VENDETTA… verso la PRINCIPESSA di Alabaste!!
Questo pensò mentre si dirigeva verso il luogo più nascosto della foresta e in pochi istanti scomparve dalla vista, infilandosi nelle ombre del tramonto.
A sera inoltrata la bambina si riprese, sudata e sfinita, ma ancora viva.
Dopo alcuni instanti di sbandamento in cui non ricordava più nulla, i ricordi cominciarono a ritornare e con uno scatto improvviso si voltò verso il luogo in cui era piantato Plumy, ma, con suo grande stupore, non c’era più.
Allora si alzò in piedi e si avvicinò alla fossa che la creatura aveva lasciato fuggendo: con suo terrore si accorse che nello spostarsi si erano strappate mote radici minori e che molto sangue (o qualunque liquido avesse Plumy) bagnava tutta la radura circostante.
In preda al panico e alla preoccupazione iniziò a gridare il nome dalle creatura nella speranza che la potesse sentire: “Plumy! Plumy dove sei? Ti prego Plumy ritorna? Non sono arrabbiata con te, devi credermi! Sto bene! Ti prego Plumy ritorna qui! PLUMY!!”.
Ma le sue grida erano inutili, il mostro non poteva udirle.
Si era scavato una tana sotterranea e vi si era richiuso: in quel luogo angusto avrebbe avuto tutto il tempo per ordire un pianto astuto per poter portare a termine la sua vendetta; e intanto mutava…


Raccolti i suoi vestiti la bambina si incamminò sconsolata verso il castello, decisa a riprendere le ricerche il giorno successivo.
Trascorse quasi un mese ed ogni ricerca risultò vana.
Nel frattempo al confine la guerra volgeva al suo termine apparente: durante un violentissimo scontro, le forze del male cominciarono a ritirarsi, inspiegabilmente.
Allora gli uomini sa arrestarono sulle loro posizioni e assistettero al duello decisivo fra Aurora (ancora viva) e il demone Arathosh.
Questo primeggiava in possanza e maestosità, ma la guerriera, vestita di una bianca armatura splendente, non ne era affatto intimorita; brandiva una spada argentata ed il suo scudo con l’effigi di un drago sembrava proteggerla come una barriera insuperabile (nessun nemico era mai riuscito anche solo a ferirla, mentre lei ne aveva abbattuti a centinaia!).
Al suo fianco poi c’era un prode cavaliere armato di asce, un eroe di un regno lontano che era giunto con duemila valorosi per aiutare la principessa.
Secondo a nessuno in maestria e rapido come un fulmine, era chiamato il Flagello delle steppe, ma, fra i suoi soldati era chiamato Lothar.
Durante la lunga guerra (che durava ormai da quasi un anno) i due si erano innamorati e avevano deciso di convolare a giuste nozze appena il pericolo fosse passato.
Ora però dovevano impegnarsi e porre fine alla vita del demone!
Il duello fu feroce e si protrasse per diversi minuti ma, in fine, con un potente fendente, la principessa riuscì ad avere la meglio su Arathosh, decapitandolo.
Il cielo si rischiarò e le armate degli uomini esultarono.
Il male però non fu definitivamente estirpato ma riuscì a perdurare: formato ormai di solo spirito, il demone si annidò nel corpo di una dei soldati della principessa e, spostandosi da ospite a ospite la osservò e la studiò, in attesa della sua vendetta.
Aurora e il Lothar fecero ritorno al regno e fu indetta una grande festa per le nozze dei due, avvenute la settimana seguente.
Lucine informò la principessa dell’accaduto e questa, corse nel bosco con le sue ancelle per cercare Plumy, ma anche questa volta non riuscirono a trovarlo; lei pianse ma il suo sposo (arrivato in seguito) la tranquillizzò e le disse che, anche se non capiva bene la situazione, l’avrebbe aiutata a ritrovare quella creatura.
Allora fecero ritorno al castello.
Tutti tranne uno…
Lo spirito del demone, annidato in un’ancella decise che era giunto il tempo della vendetta e si separò del suo “involucro”, deciso a vagare nella foresta alla ricerca di un nuovo corpo adatto allo scopo.
Vagando alla cieca, si spinse sempre più verso il cuore della foresta dove, ad un tratto, percepì la presenza di un’aura malvagia, corrotta dal desiderio di vendetta e dal rancore.
Sotto alcuni metri di terra era rintanata infatti una strana creatura, simile ad un vegetale e il demone accortosi di lei entrò prontamente nel suo corpo e sondò la sua mente per carpirne la conoscenza, facendo così una sorprendente ed interessante scoperta.
“Anche tu provi del rancore verso quella donna, eh? Ti ha tradito e si è presa gioco di te, non è vero?”.
“Cosa puoi saperne tu, demone… Ciò che mi spinge a provare rancore verso di lei non ti riguarda!”.
“Come puoi dirmi questo?! Lei mi ha ucciso, senza alcuna pietà e perché poi?! Per entrare in possesso del mio regno! OH Bhe, almeno io non sono stato usato…”.
“Cosa vorresti dire?”.
“Ma come, non te ne rendi conto? Per due anni si è divertita, e quando ha trovato l’amore di un uomo ti ha lasciato! Non gli è mai importato nulla di te! Devi aiutarmi a vendicarmi!”.
“Hai ragione demone… è giunto il momento di avere una giusta vendetta. E stai sicuro che l’avremo!”.
“Allora permettimi di fondermi con te, e insieme le faremo patire le pene dell’inferno! Cosa ne dici socio?”.
“Socio?!? Mi piace la tua idea! Fondiamoci e prendiamoci la nostra vendetta!”.
“Come vuoi… sono sicuro che ci divertiremo molto con lei! Ah! Ah! Ah!”.
Lo spirito del demone pervase completamente la creatura che, glia mutata dalla sua rabbia, subì una trasformazione rapida e terribile, acquisendo un corpo umanoide, ottimo per il combattimento e i movimenti agili e veloci.
Tutto di loro si fuse e li rese un’unica realtà e un’unica immonda creatura che emergeva dalla terra mutata in veleno: Plumy e Arathosh non esistevano più ora c’era solo il Male.


Dalla foresta si alzo il grido di un’empia voce e la creatura scomparve come era apparsa.
L’indomani il Re partì con un reggimento di guardie per pattugliare i confine, in quanto era giunto, nella notte, un messo che recava notizie su di un avvistamento di alcuni giganti allo sbando; per evitare qualsiasi pericolo, il re decise di occuparsene personalmente, snidandoli e scacciandoli.
Mentre lasciava il castello, cavalcando il suo destriero, sentì dentro di se come un profondo sentimento di inquietudine e si guardò attorno sospetto; ma non vide nulla.
Non poteva sapere che nell’oscurità due occhi rossi le stavano osservando, felici della sua partenza.
Prima di allontanarsi, il cavaliere fece avvicinare il suo secondo e gli disse di rimanere al castello al fine di sorvegliare e proteggere la sua sposa: “L’affido a te”, egli disse, “non so come spiegarlo, ma qualcosa di malvagio si muove nelle tenebre… badate che non gli accada nulla, io tornerò presto!”.
Trascorsero tre giorni da quella sera, e tutte le sere il Male si appostava nelle ombre ed osservava Aurora che indossava gli indumenti per trascorrere la notte: ammirava in silenzio quel corpo dai lineamenti aggraziati e perfetti, bramando oltremodo il momento in cui avrebbe potuto possederlo.
Al tramonto della quarta notte, qualcosa in lui si mosse e decise che era arrivato il tempo di agire.
La principessa era ormai addormentata e fuori della sua stanza, sei guardie la vegliavano.
La creatura si avvicinò a loro strisciando nelle ombre, silenziosa come uno spettro e agì quando queste erano a portata.
Fu tutto talmente rapido e silenzioso che i soldati non fecero neanche in tempo ad accorgersi di cosa li stava uccidendo: dalle ombre sibilarono come fruste dei lunghi tentacoli che afferrarono quattro di loro alla gola, mentre le altre due vennero ghermite dalle possenti mani artigliate del mostro.
Dai tentacoli emersero aculei ricurvi ed affilati che, girando vorticosamente durante il ritiro del tentacolo stesso, decapitarono le malcapitate guardie, mentre gli ultimi due uomini vennero stritolato dalla morsa possente della bestia.


Il rumore dei corpi che caddero, uno dopo l’altro, non riuscì a svegliare la ragazza, la quale non si accorse di nulla.
Il mostro si mosse attraverso le ombre della porta non illuminate dalle torce lungo il corridoi, ed entro nella camera da letto di lei.
Si avvicinò al letto pregustando ogni attimo di quel tempo; dalla sua schiena emerse uno dei tentacoli che aveva ucciso una guardia e, con estrema delicatezza, sollevò la coperta del letto, scoprendo la ragazza.
Era vestita con una leggera camicetta di seta ed i lunghi capelli dorati erano raccolti in una treccia; bellissima nel sonno, il mostro più la osservava più la desiderava, tanto che, alla fine, non riuscì più a controllarsi e mise in atto il suo piano di vendetta.
Come guidati da una volontà propria altri tentacoli, neri e lisci, fuoriuscirono e afferrarono la ragazza per le caviglie e per i polsi, sollevandola di scatto a mezz’aria, come legata su di una croce.
Aurora, si svegliò di soprassalto e, guardando il mostro, si spaventò terribilmente ed emise un grido, soffocato però da un quinto tentacolo che le si avviluppò, come una mano, sulla bocca.
Lo spettacolo che le si presentò di fronte fu effettivamente troppo pauroso da sopportare: una creatura eretta dalle fattezze umanoidi, completamente nera, con ertigli affilati ed un corpo possente alto circa tre metri; occhi rossi e profondi carichi di odio, denti aguzzi come lame ed una lunga lingua serpentiforme guizzante; tozze corna sul cranio, lungo la schiena e sulle braccia.
Mentre lei osservava con gli occhi spalancati, la creatura si espresse con una voce profonda e crudele, utilizzando un tono misto fra lo scherno e il sadico: “Ciao… Ti ricordi di noi? Siamo tornati per vendicarci! Oh si-iii… una dolce vendetta che abbiamo atteso molto a lungo! Questa notte ci divertiremo un mondo con te, ce la spasseremo insieme e vedremo se ti piacerà il mostro gioco. Ma prima…”.
La creatura afferrò la camicetta e tirò di scattò, lacerandola in mille pezzi.
La ragazza gridò, mentre il mostro rideva compiaciuto; lei tentò di liberarsi dalla sua stretta, ma quei tentacoli la tenevano saldamente.
Il suo aggressore, nel frattempo, osservava il corpo nudo della sua preda poi disse: “Sei bellissima… sei ancora più bella di come ti ricordassi!”; allora un tentacolo fuoriuscì dalla sua schiena e, come un serpente sia avvicinò ai seni di lei e, delicatamente, ne accarezzò uno.
Lei, a quel tocco freddo, emise un piccolo gemito, come un grido, soffocato dall’altro che le chiudeva la bocca; poi il “serpente” si ritirò.
“Ancora così sensibile! Una pelle liscia e delicata”, il tentacolo le percorse la schiena dal collo in giù facendola rabbrividire, “sono sicuro che la mia gioia non avrà limiti!”.
Alle spalle del mostro, le ombre si infittirono e cominciarono a spezzarsi come fossero fatte di vetro: un portale oscuro si stava aprendo e presto diventò sufficientemente largo da ricoprire l’intera parete.
Aurora riuscì a liberarsi del serpente che le impediva di parlare e gridò al mostro: “Chi sei? Perché mi fai questo?”.
“Ma come… non ti ricordi di me?! Anzi… di noi?! Tu ci hai traditi ed hai causato la nostra morte, ed ora vogliamo la giusta rivincita!”.
“Ti prego! Non so chi tu sia! Lasciami andare!”
“Naturalmente… ti lascerò andare”, i tentacoli si contrassero e avvicinarono lei al volto soddisfatto del mostro che vedeva nel suo volto la paura e lo sconforto, “ma prima verrai con me!”.
“Do-dove mi vuoi portare?”, disse lei con un filo di voce.
“Alla mia casa dei giochi! Non preoccuparti, là, ci sono anche le tue amate ancelle! Sai… non volevo che ti sentissi sola e così ho rapito anche loro, perché più siamo e più ci divertiamo!”.
Il mostro scoppiò a ridere, mentre Aurora era impietrita dalla sua malvagità.
Quella terribile risata destò dal sonno Lucine, che dormiva in una delle stanze successive; quei suoni al preoccuparono e decise di andare a vedere se la sua signora stesse bene.
Il mostro afferrò la principessa con le sue mani artigliate e se la caricò il spalla tenendola per il busto.
Mentre si dirigeva verso il portele, da questo uscirono quattro o cinque gremlins che, inchinandosi davanti al loro padrone gli chiesero quale fosse la loro missione.
“Trovate la Spada d’Argento! Trovatela e portatela da me!”.
La principessa ebbe un sussulto.
“Ma come facciamo a sapere dove è stata nascosta, mio signore?”.
“Cercate una delle ancelle che ho lasciato… loro spesso puliscono la spada per far si che il suo splendore non si alteri. Loro sapranno dové! Ma… ricordate… NON voglio che ci sia spargimento di sangue! NESSUNA delle ancelle di questa ragazza deve rimanere ferita!”.
Poi il mostro entrò nel portale, fra le grida disperate della ragazza che invocavano aiuto.
I servo del demone, allora si nascosero nelle ombre della stanza, in attesa che qualcuno arrivasse.
L’attraversamento del portale causò lo svenimento di lei, ma quando riprese conoscenza si ritrovò a vagare in uno sterminato intrigo di gallerie sotterranee scavate nella roccia, che sembrava quasi pulsare, come fossero le interiora di un immenso animale.
Li sotto la temperatura era piuttosto bassa e lei, nuda, avrebbe sentito molto freddo, se non che si accorse che i tentacoli del mostri (più sottili dei precedenti) l’avevano avvolta come una tunica e lui la portava fra le braccia come fosse una neonata.
Si sorprese molto della premura di quella “cosa” nei suoi confronti, ma la paura e la repulsione avevano comunque il sopravvento sulla curiosità, allora gli gridò contro: “Voglio sapere dove mi stai portando? Cosa hai fatto alle mie amiche?”.
“Ben svegliata principessa! Non preoccuparti così, fra poco le incontrerai, e, quando la luna raggiungerà lo zenit, i nostri giochi avranno inizio!”.
Il mostro avanzava con incedere sicuro in quel labirinto, con incedere spedito e incrociando spesso gruppi di gremlins che si scansavano terrorizzati.
Lei si guardava in torno alla ricerca di qualche punto di riferimento per tentare una fuga, ma li sotto il paesaggio era sempre o stesso e di gremlins ce n’erano a centinaia, molti anche armati con rozza spade di bronzo, armature in pelle o scaglie, scudi di legno e lance con punta in pietra.


La piccola Lucine, con una candela in mano, si avvicinò alla stanza della principessa e con sua grande preoccupazione vide la porta spalancata e tracce di sangue in terra.
Allora corse a controllare e fermandosi innanzi all’entrata, vide che la stanza era vuota.
Qualcosa di liquido e caldo colò gocciolando dal soffitto e bagnò una spalla della bambina, la quale toccandosi la spalla con una mano sollevò lo sguardo per vedere l’origine di una tale perdita d’acqua.
Un tale terrore la pervase che non riuscì nemmeno a gridare, con gli occhi spalancati vide i corpi di alcune guardie ammassati e sfigurati sopra il trave in legno principale che supportava la stabilità del corridoio.
Allora, guardando la mano, capì che quel liquido era il sangue che sgorgava dai corpi decapitati.
Corse dentro la stanza e si chiuse la porta alle spalle ansimando per lo spavento, quindi con suo nuovo stupore vide una delle pareti della stanza completamente nera, come un vortice di ombre che sembrava essere una porta per un altro mondo.
Si avvicinò a quella strana “porta”, poi, dopo averla osservata decise di correre a chiedere aiuto ma, prima che potesse rendersene conto delle creature orribili, poco più grandi di lei, la afferrarono gettandola a terra.
Lei tentò di divincolarsi ma le creature le legarono braccia e gambe con delle strisce di stoffa strappate dalla coperte del letto ed utilizzate come fossero delle corde; poi, la sollevarono di peso e, mentre gridava, le fecero sedere su di una sedia e le legarono nuovamente le braccia ai braccioli della sedia e la fronte sul soffice schienale.
La bambina era terrorizzata, mentre i gremlin le danzavano intorno soddisfatti del loro operato.
“Dov’è la Spada d’Argento mocciosa? Diccelo se non vuoi passare dei guai!”, disse un belle bestie.
“Cosa avete fatto alla mia signora? Dove l’avete portata?”, gridò piangendo Lucine.
“Non dovresti preoccuparti della donna, ma di te! Dacci l’arma o te ne faremo pentire! Dicci dove si trova il suo nascondiglio!”.
“NO, MAI! Non vi dirò nulli brutti mostri!”, gridò arrabbiata la piccola.
Allora i gremlin smisero di festeggiare e la osservarono incolleriti finché uno di loro non estrasse un pugnale di bronzo, grezzo ma affilato; si avvicinò minaccioso alla piccola terrorizzata ma, prima che la potesse ferire, l’altro, che aveva parlato per primo gli gridò qualcosa nella loro lingua primitiva e animalesca.
All’ora il secondo si voltò ed emise altri versi a cui gli altri risposero.
Poi tutto si fece silenzio e il più grande fra loro (probabilmente il capo, e sempre quello che per primo aveva posto le sue domande) si avvicinò a Lucine e le disse: “Ti conviene dirmi quello che sai o sarà peggio per te!”.
“SCORDATEVELO! Potete anche uccidermi ma non tradirò la mia signora! Mai, mai e poi mai!”.
Il mostro si voltò verso i compagni e dette loro ordini nella loro lingua; questi si misero subito all’opera legando più saldamente le braccia di Lucine e allungando le sue gambe su di uno sgabello, con sopra un cuscino, a cui vennero immobilizzate.
Quindi il capo si avvicinò tolse le pantofole di stoffa della bambina, mettendo così in luce i suoi piedi nudi ed indifesi.
Prese una sacca che portava a tracolla e vi infilò una mano e prese uno sporco barattolo in vetro chiuso con una pelle.
All’interno qualcosa sembrava muoversi ed agitarsi poi freneticamente alla vista dei bei piede nudi della bambina.
“Sai cosa c’è all’interno di questa gabbia di vetro? Uno Slag Tentacolare! O ci dici quello che vogliamo sapere o lo libererò permettendogli così di sgranchirsi un po’ con i tuoi bei piedini rosei! Cosa scegli?”.
Lucine non rispose.
Il gremlin si avvicinò allo sgabello e lasciò cadere il barattolo a terra che si frantumo, da questo fuoriuscì una creatura blu e gelatinosa grande come la testa di un uomo adulto e ricoperta di appendici sottili al pari di una corda di liuto.
Questo essere si arrampicò lentamente su di una zampo dello sgabello, lasciando dietro di se una sia di bava appiccicosa.
Quindi si sistemò sopra le caviglie di lei, rimanendo immobile per alcuni istanti, poi, all’improvviso una delle appendici iniziò a stuzzicare la pianta dei piedi della bambina.
Lucine cercò di trattenersi, tentando di ignorare quelle terribili carezze dimenando i piedi, purtroppo però la gelatina non si dette per vinta e andò a colpire con altre appendici che, lentamente, stavano affievolendo inesorabilmente la resistenza di lei.
I mostri stavano ad assistere seduti intorno alla sedia, pronti a godersi lo spettacolo.
Arrivata al limite della sopportazione, Lucine proruppe in una serie di risate fragorose.
Questo segnò la sua fine!
Lo Slag reagì al suono delle sue risa e assalì i delicati piedi con tutte le appendici di cui disponeva.
I minuti si susseguivano come ore terribili per la piccola Lucine che, ormai con le lacrime agli occhi, sembrava sul punto di cedere; lo slag dopo un primo momento di ricerca, aveva individuato i punti più sensibili da colpire e li solleticava senza pietà facendo raggiungere dei picchi di solletico mai provati prima dalla bambina.
Uno dei suoi aguzzini le suggerì con scherno: “Ehi, perché non ti arrendi?! Se vuoi che smetta basta che ci dici come arrivare a quell’arma… non è difficile”.
“Ahhahahahahahaha-NO! Ahhahahaha-non vi dirò… ahhahahahahahahahahahaha ma-ahhahahahaha-i null-ahahahahahahaha”.
“Noi non abbiamo alcuna fretta, ma tu quanto riuscirai ancora resistere?”.
La bambina rideva disperata, ormai con la rassegnazione di una interminabile sofferenza.
Non avrebbe mai tradito la sua principessa, per nessuna ragione al mondo:quando lei era un’orfana, la principessa l’aveva presa con se come damigella di compagnia, arrendersi sarebbe stato come tradirla ed ignorare quello che aveva fatto per lei in tutti quegli anni.
La melma, dal canto suo, non si curava di ciò che accadeva intorno a lei, continuava indisturbata a fare il solletico a quei piedi così morbidi e sensibili: le dita e il centro della pianta erano i punti di massima eccitazione e i piccoli tentacoli li accarezzavano e stuzzicavano senza sosta, in mille modi differenti.
Arrivati ad un certo punto neanche la volontà di ferro di Lucine riuscì a resistere a quelle fortissime scariche di solletico e cominciò a gridare disperata: “Ahhahahahahahaha vi prego… ahhahahahahahahahahahaha fa-ahhahahahaha-telo smettere! Ahhahahahahaha vi supplico! Ahhahahahahahahahahaha non lo sopporto più! Ahhahahaha vi prego… ahhahahahahahaha bast-ahhahahahahaha-a!”.
“Prima dicci dov’è la spada!”, tuonò il capo dei gremlin.
“NON POSSO! Ahhahahahahahahaha non posso ahhahahahahahahahahaha tradire Auror-ahahahahahahahahahahaha”.
“Allora vediamo cosa farai ora…”; il mostro si alzò e, avvicinandosi ai piedi della bambina estrasse dalla sacca una fiala contenete del liquido viola che andò a versare lentamente sui piedi sottoposti a solletico.
Il liquido venne rapidamente assorbito, in maniera innaturale, dalla pelle di Lucine che sembrò impazzire percependo un picco di solletico al di sopra di ogni immaginazione: quella sostanza aveva infatti il potere di rendere le terminazioni nervose della zona colpita ben dieci volte più sensibili di quanto non fossero normalmente.
La camicetta intima, bagnata di sudore, le aderiva al corpo come una pellicola semi trasparente, mentre le lacrime le scendevano copiose sulle guance; non riusciva quasi più a respirare, quindi tentò di dire qualcosa ai suoi carnefici ma un nuovo e vigoroso affondo dello slag le impedì di pronunciare anche una sola parola.
Alcuni appendici della creaturina viscida le si erano infilati al di sotto del gonnellino e le risalivano lentamente le giovani gambe come fossero delle serpi in perlustrazione, soffermandosi per qualche istante a solleticargli le ginocchia, ma puntando però alle mutandine (nella speranza di raggiungere la zona più sensibile di quel giovane corpo femminile).
Le sue risate sembravano destinate a perdurare quando nella stanza fece irruzione il comandante delle guardie con una decina di soldati scelti, allarmato per la mancata venuta al cambio di sorveglianza delle guardie poste in difesa della principessa.


Il gruppo di gremlin, preso dal panico, si rese conto di aver portato troppo per le lunghe quell’interrogatorio e si diede alla fuga tentando di gettarsi in ordine sparso nel portale.
Due di loro vennero raggiunti da delle frecce mortali, mentre il capo da un fendente terribile del comandante stesso.
Una guardia trafisse lo slag con una lancia magica, uccidendolo sul colpo.
Finalmente la tortura era finita e la piccola Lucine poté riprendere fiato.
Il comandante la liberò dagli stracci che la immobilizzavano e la adagiò sul letto, poi si voltò ed ordino ad alcuni uomini di prendere dei cavalli e correre ad avvertire il re dell’accaduto, mentre i rimanenti sarebbero andati, con lui, alla ricerca della principessa rapita.
La bambina, con le forze che le rimanevano, gli afferrò il lungo mantello e fra le lacrime e qualche accenno di risata gli disse che la principessa era stata portata via attraverso quel “foro nero” sulla parete, poi, si addormentò ansimante e sfinita.
Lui si avvicinò al portale e venne inondato da una potente aura maligna che lo fece arretrare.
Preoccupato si volse verso i suoi uomini e ordinò loro di dare l’allarme nel castello e radunare quanti più abili cavalieri possibile per preparare un inseguimento; fece anche chiamare il medico di corte affinché si potesse prendere cura di Lucine che delirava nel sonno invocando il nome della principessa e pregando fantomatici aggressori di smettere di solleticarla.


Dall’altra parte del portale intanto il rapitore e la sua vittima raggiunsero una grande sala illuminata da un globo sospeso in aria.
Qui la principessa vide un immenso altare creato con ossa umane e, intorno a lui, otto grandi colonne decorate con bassorilievi per lei incomprensibili, a cui erano incatenate alcune delle sue ancelle (una per ogni colonna) con le braccia sollevate.
Queste erano bloccate da catene che fuoriuscivano dalle colonne stesse: sembravano addormentate.
“Cosa gli ai fatto maledetto!?”, gridò furente Aurora.
“Nulla, almeno per il momento…”, replicò il mostro, “solo quando la luna sarà al suo apice la festa potrà avere inizio, e con essa avrà inizio anche la mia vendetta!”.
“Sei un folle! Ti ordino di lasciarci andare o la pagherai!”.
“Come osi minacciarci, ragazzina insolente… questo è il nostro territorio e non temiamo nessun avversario. Nessuno ti salverà!”.
Poi, tra le grida della ragazza, si avvicinò all’altare e da questo fuoriuscirono mani scheletriche che afferrarono la ragazza per le braccia, le gambe e le spalle, non appena il mostro la lasciò andare sopra di esso.
Sdraiata su di esso, lei si sentì completamente in trappola e pur essendo ossa, la loro presa era così salda che a nulla valsero gli strattoni della ragazza.
Nel frattempo il mostro si sedette su di un trono fatto di pietra vulcanica e si mise in attesa.
Lothar, avvertito dell’accaduto, raccolse i suoi uomini migliori e fece rapidamente ritorno al castello dove si erano radunati già più di ottanta uomini armati e pronti ad agire.
Fattosi spiegare gli avvenimenti si diresse vero la camera della sposa e vide incredulo il portale: esaminandolo ne riconobbe la firma inconfondibile di un suo vecchio nemico, il demone Arathosh, anche se in lui doveva essere avvenuto un cambiamento.
Era stupito che non fosse morto molto tempo addietro, ma ciò che lo innervosiva era che i suoi poteri maligni sembravano essere addirittura aumentati.
Presa la spada di Aurora, oltre alle sue asce magiche, radunò gli uomini e, dopo aver tenuto loro un breve discorso di incitamento dove spiegava che la missione aveva lo scopo primario di salare la principessa, si gettò nel portale.
Quando tutti furono entrati, alcuni servi andarono ad avvertire gli uomini rimasti al castello di tenersi pronti per un’azione rapida di soccorso.
Nessuno però si accorse che Lucine, lasciata sola nella stanza, quando si svegliò, si gettò a sua volta nel portale, incurante dei pericoli che l’avrebbero aspettatala di là di quell’oscurità.


Nella Camera del Supplizio, il globo azzurro si illuminò straordinariamente e questo evento dette il segnale dell’arrivo della luna al suo massimo splendore.
Le fanciulle si destarono dal sonno come magicamente e rendendosi conto della loro situazione, iniziarono a gridare prese del panico; Aurora allora le richiamo e disse di stare calme
Anche il rapitore si destò dal suo sonno e si alzò in piedi, mostrandosi alle ragazze terrorizzate in tutta la sua maestosità.
Alzò le possenti braccia ed esclamò soddisfatto: “CHE I GIOCHI ABBIANO INIZIO!”.
La sala sembro tremare.
Dalla sommità delle otto colonne si aprirono delle feritoie dalle quali iniziarono lentamente a fuoriuscire degli ammassi gelatinosi verdi che si accumulavano sulla sommità.
Allora l’oscura creatura disse: “Guardate… quelle sono melme verdi, e, non appena saranno uscite completamente, si nutriranno dei vostri vestiti fino a che non avranno consumato anche l’ultima fibra! Ma non vi preoccupate, non vi faranno alcun male. Vi sentirete solo un po’ in imbarazzo una volta completamente nude!”, e scoppio a ridere soddisfatto.
Mentre le ragazze, rincuorate dalla loro principessa gridavano nella speranza di ricevere aiuto, le melme cominciarono a percorrere la colonna, avvertendo l’inconfondibile odore di cibo.
La principessa si rivolse al mostro implorandolo di far fermare quelle cose, ma lui non la ascoltò e tanto meno le rispose.
Le creature striscianti arrivarono a sfiorare, con i loro corpi privi di calore, le mani e le braccia delle ancelle che, a quel contatto, iniziarono a gridare e dimenarsi.
In pochi secondi le ragazze erano ricoperte da quelle creature, grandi come una cane da guardia del castello: lentamente, le melme si espandevano sui loro corpi, come il tocco di mille mani, e, altrettanto lentamente, le vesti cominciavano a corrodersi e lacerarsi.
Mentre inizialmente trovavano quel tocco insopportabile, col trascorrere del tempo lo trovavano sempre più piacevole; cominciavano a sentirsi confuse ed il loro respiro si faceva ansimante.
Aurora che vedeva questo “orribile spettacolo” guardò incollerita il rapitore e gli disse: “Cosa le stai facendo?! Perché si comportano così?”.
“Hai ragione. Mi sono scordato di dirvi che quando le melme verdi si nutrono, secernono dal loro corpo degli ferormoni che propagandosi nell’aria possono causare eccitazione e stordimento negli esseri femminili come le umane. Non devi preoccuparti, l’effetto finirà appena le melme se ne saranno andate!”.
“Sei spregevole!”, disse sdegnata la principessa.
“Perché mi dici questo?”, rise il mostro, “in fondo alle tue ancelle piace, e questo le renderà ancora più adatte ai nostri giochi!”.
Trascorsero ancora pochi minuti, poi le melme iniziarono a ritirarsi lasciando le ragazze nude ed eccitate.
Allora il mostro emise un grido e nella stanza entrarono due gremlin che portavano con loro un cuscino con su posata una lunga piuma nera e un libro antico.
Le ragazze alla vista della piuma erano incredule ed agitate: cosa voleva fare loro con quella piuma… non l’avrebbe mica usata per…
Lui afferrò il libo e la piuma, poi i suoi servi se ne andarono; allora appoggiò la piuma a terra, davanti ai suoi piedi, aprì il libro e dopo averlo sfogliato, iniziò a recitare un incantesimo.
Le sue parole rimbombavano cupe nella sala.
Ad un tatto la piuma cominciò a levitare e con l’aumentare d’intensità dell’incantesimo cominciò a girare su se stessa vorticosamente, salendo verso il globo di luce blu; quindi l’incantesimo fu ultimato e la piuma smise di vorticare e si scinse in due.
Le ragazze guardavano preoccupate le due piume che galleggiavano in aria, quando queste si divisero ancora diventando quattro.
Vibrarono ancora, e divennero otto.
Poi ancora, e divennero sedici, trentadue, sessantaquattro; poi si fermarono.
All’interno della sala tutto era silenzio, l’unico rumore era il sibili delle piume che galleggiavano in aria; il rapitore si mosse dirigendosi verso una delle ancelle, prese una piuma fra quelle che galleggiava e l’avvicinò al fianco di lei solleticandola un attimo.
Lei rise e contemporaneamente rise anche Aurora.
Poi il mostro rimise al suo posto la piuma e si avvicinò all’altare, dove lei lo osservava avvicinarsi.
La principessa si sentiva confusa perché, inspiegabilmente, aveva riso anche se nulla la stava toccando, allora il mostro disse ad alta voce: “Questa è la mia vendetta! Far pochi istanti quelle Piume Danzanti inizieranno a solleticare le tue amiche e grazie al mio incantesimo, tutta la loro sofferenza potrà essere avvertita anche da TE!”.
“No… non puoi farlo…”, sussurrò disperata la ragazza, con un filo di voce.
“Sarà bellissimo non trovi?”, continuò lui, “nulla potrà salvarti! Impazzirai dal ridere ed il tuo corpo sarà pervaso sia dalla sofferenza che dal piacere! Sarà uno spettacolo da non dimenticare, anche se per te sarà l’ultimo”.
“Ti prego non farlo!”, esclamò una delle ragazze, “Lasciala stare, fa di me quello che vuoi ma libera la principessa!”, disse un’altra fra le lacrime.
“State calme… non è ancora arrivato il tempo di disperarsi. Fossi in voi mi preoccuperei per voi stesse”.
Poi si avvicinò alla principessa e le sussurrò : “Come ai vecchi tempi nella foresta”.
Lei lo guardò stupita e terrorizzata, mentre lui le sorrideva malvagiamente.
“Chi sei in realtà? Perché mi odi così?”.
“Noi siamo i fantasmi del tuo recente passato, ci hai tradito ed ucciso, ora te la faremo pagare molto, molto cara! Sarai tu ad IMPLORARCI di UCCIDERTI, ma fino a quel momento…”.
Il mostro scioccò le dita artigliate e le piume sospese in aria scattarono, sibilando, dividendosi in gruppi omogenei ed andando a colpire le ragazze immobilizzate alle colonne e completamente indifese contro quel genere di “attacco”.
Risate e grida disperate si confusero nella stanza.
Le piume accarezzavano i giovani corpi delle ancelle come fossero state manovrate da una mano attenta e molto abile, svolazzando intorno alla vittima e poi la colpendola senza nessuna pietà.
Dopo alcuni momenti la principessa venne travolta da una sensazione di solletico incredibile: era come se tutte quelle piume la stessero realmente solleticando contemporaneamente.
Iniziò ad agitarsi e a ridere freneticamente.
Mai in tutta la sua vita aveva provato un’esperienza simile: voleva tentare di resistere, ma ogni suo freno veniva spazzato via dal delicato tocco delle piume magiche che, nel frattempo, stavano dando il meglio di loro stesse nel solleticare le ragazze incatenate.
Il mostro si avvicinò nuovamente alla principessa e le chiese sarcasticamente: “Ti diverti?”.
Lei non riuscì a comprendere la domando tanto era sconvolta da quel solletico e, anche se avesse voluto, non sarebbe riuscita a rispondergli poiché il troppo ridere le impediva di pronunciare qualsiasi altra cosa.
La creatura demoniaca osservava la sua preda come un leone che per giorni e giorni aveva braccato la sua preda e ora, finalmente, poteva gustarne le carni.
I suoi occhi piangenti e tristi, il suo sorriso, la sua risata, il suo bellissimo corpo eccitato e sudato…
Il mostro era entusiasta ma sentiva che gli mancava qualcosa.
Intanto, la tortura andava avanti: il solletico delle piume era protratto con ritmo insopportabile, e non colpiva a caso, ma, lentamente, si stabilizzava sulle zone di massima sofferenza.


Attraversato il portale, Lothar ed i suoi soldati si trovarono all’interno di un grande salone di pietra pulsante dalle molte colonne; tutto era deserto e l’ambiente irreale intaccava il valore dei soldati.
Da quel luogo c’erano tre possibili uscite che congiungevano altrettanti corridoi, allora il re ordino ai suoi di dividersi in tre gruppi e proseguire per i “condotti” laterali.
Con il gruppo più grande (circa novanta uomini) si recò in quello centrale.
Si addentrarono sempre più in profondità in quel luogo sconosciuto, seguendo il corridoio centrale, quando udirono in lontananza un vocio: era un piccolo drappello di gremlin che attraversava un corridoio secondario.
Quando furono distanti, continuarono ad avanzare.
Anche gli altri due gruppi (circa sessanta uomini l’uno) non trovarono grandi ostacoli ed avanzarono.
Dopo circa una ventina di minuti i tre corridoi si ricongiunsero e i tre schieramenti si rincontrarono.
Rimasero però sbalorditi nel trovarsi di fronte ad una gigantesca stanza, tanto ampia da ospitare al suo interno una fortezza.
Li erano riuniti gremlin a migliaia e sembravano tutti intenti ad osservare un qualche evento che accadeva al centro di quell’immondo anello di bestie.
Senza farsi vedere i soldati si avvicinarono di qualche metro trovando riparo dietro delle apparenti escrescenze rocciose e, quando le voci gracchianti dei gremlin si acquietarono, poterono distinguere chiaramente le voci di alcune ragazze e bambine che ridevano disperate.
Al centro della stanza infatti erano stati collocati dei banchi in legno con catene, a cui erano state legate almeno una dozzina di ragazze e diverse bambine ora solleticate a morte da una folla di gremlin sciamani.
Molte di quelle povere ragazze erano ferite ed alcune erano svenute, ma i loro aguzzini continuavano indifferenti; alcune erano state ricoperte di bruchi che camminavano sui loro corpi nudi, ad altre erano stati bagnati i piedi con una sostanza zuccherina ed alcuni gremlin li leccavano con le loro ruvide lingue, altre ancora erano solleticate con lunghe spighe di grano, foglie di alberi oppure da slag.
Il re senza indugio alcuno ordinò la carica e con i suoi uomini si gettò armi in pugno sulla folla ignara dei gremlin in festa.
I soldati ebbero facile gioco contro quelle stolte creatura, tanto più che, avendole colte di sorpresa, non riuscirono neanche a reagire ma si dettero alla fuga disordinatamente.
Facendosi largo con le armi, arrivarono fino alla piattaforma dove si trovavano le ragazze che, finalmente libere dal crudele giogo dei loro aguzzini, poterono riprendere fiato e speranza di salvarsi.
I soldati formarono un cerchio e le prigioniere vennero vestite con alcuni mantelli.
Diverse erano sotto scock e a nulla valsero il tentativi di Lothar di parlare loro, ma dopo vari tentativi, trovò una bambina alla quale poteva porre delle domande.
“Da dove venite? Perché vi hanno rapito?”.
“Veniamo dai regni del nord, potente Signore, sono ormai diversi giorni che ci hanno portato via… ma non so perché”.
“Siete salve ora, vi porteremo ad Alabaste e li sarete al sicuro!”.
“Aspettate! Ci sono altre schiave nelle prigioni! Sono qui da prima di noi, dovete salvare anche loro!”.
“Dove posso trovarle?”.
“Prendi quel cunicolo a sud e le raggiungerai!”, la bambina, sfinita dal solletico dei gremlin, indicò con la mano un corridoio scuro, poi si addormentò.
Il re diede ordine di portare in salvo le ragazze ad un drappello di uomini e chiamare rinforzi per “disinfestare” l’intera zona ma mentre si muovevano, una pioggia di frecce si abbatté sulla guardia e mieté vittime fra i soldati.
Nella sala si riversarono allora nugoli di gremlin armati che assalirono l’anello formato dai soldati da ogni parte.
Lo scontro imperversò in tutta la sala e, nonostante i mostri fossero nettamente più deboli, riuscivano a sopraffare i soldati nel numero, che soccombevano colpiti da piogge di frecce e giavellotti.
Lothar si rese conto che purtroppo, in quello stato, lo scontro non sarebbe durato ancora molto.


Nella stanza delle otto colonne, intanto, il supplizio continuava.
La principessa non riusciva più a sopportare quella situazione e, allo stremo delle forze, svenne.
Allora il mostro rise e con un secondo schiocco di dita bloccò le piume che caddero a terra e bruciarono.
Liberò Aurora dagli arti scheletrici e la sollevò con i tentacoli, portandola con se in un’altra stanza e lasciando sole le altre ragazze, che ancora continuavano a ridere, ansimanti, fra le lacrime; la prima parte della sua vendetta era terminata con successo.


Nella enorme sala lo scontro infuriava.
Nonostante i gremlin avessero subito enormi perdite, continuavano ad avanzare ad ondate, sommergendo gli stanchi e feriti soldati; anche il re era stato più volte ferito, ed il sangue di gremlin che lo ricopriva dimostrava ampiamente quanti ne avesse uccisi.
Il tempo però passava e gli uomini soccombevano inesorabilmente.


Un pungente odore svegliò la principessa che si ritrovò nuovamente legata su di un nuovo altare edificato però con acqua… acqua compatta.
Quando la vista le si snebbiò si guardò intorno alla ricerca del suo carceriere.
Allora lo vide, in piedi di fronte ad un portale ancora chiuso.
“Ben svegliata”, esclamò lui, “spero che tu non stia troppo scomoda, ho bisogno ancora del tuo aiuto”.
“Cosa vuoi ancora da me? Non ti è bastato l’avermi torturata fino ad ora?!”.
“Dimmi dove hai nascosto la Spada d’Argento!”.
“La mia arma?!”.
“Esatto! Avevo incaricato alcuni gremlin di occuparsene ma devono aver fallito”.
“Cosa vuoi farne?”.
“Voglio… DISTRUGGERLA! Voglio distruggere l’arma con la quale tu mi hai ucciso!”.
“Come posso averlo fatto se non ti ho mai visto prima… e se mi sei ora innanzi…”.
“Ma si che mi hai già incontrato… non ricordi la guerra contro le armate oscure? Chi poteva guidarle se non IO!?”.
“ARATHOSH!? TU!? Ma… io… ti avevo ucciso!”.
“Si principessa, mi avevate decapitato, ma grazie ad un corpo ospite sono tornato a nuova vita. L’essere con cui mi sono fuso era assetato di vendetta nei tuoi confronti e così ha accettato di divenire la mia metà. Dovresti conoscere anche lui… se non sbaglio lo avevate chiamato Plumy!? Ti dice nulla questo nome?”.
“Plumy? NO! non è possibile…”.
“SI, sono IO, Plumy! Allora ti ricordi di me, eh?”, la voce del mostro cambiò e assunse quella della creatura vegetale che era stata compagna di giochi per lungo tempo.
“Come puoi essere tu? Ti credevamo scomparso, cosa ti è accaduto? Perché sei arrabbiato nei miei confronti!”.
“Tu mi hai abbandonato madre! Ti sei servita di me poi mi hai lasciato a morire nella foresta. Per causa tua ho ucciso un’innocente… ho ucciso Lucine, la mia migliore amica. Ma oggi sconterai tutta la rabbia che io ho accumulato mentre tu ti divertivi altrove”.
Aurora era confusa a quelle parole: Lucine morta, lui abbandonato, il demone ancora vivo… come era possibile tutto ciò?
La voce del mostro cambiò ancora, tornando quella originale.
“Allora? Dov’è la spada?”.
“Come hai fatto a convincere Plumy ad odiarmi? Quali inganni hai macchinato?”.
“Nulla. La sua collera ha preceduto il mio arrivo, io l’ho solo fatta scoppiare al momento giusto. Ma tralasciamo queste futilità, l voglio la spada!”.
“E permetterti così di distruggerla?! MAI!”.
“Ma davvero?”, avvicinò ai piedi di lei un tentacolo e lo mosse su e giù come se la stesse solleticando, poi aggiunse divertito, “non sai che conosco ogni tuo punto debole, ogni tua zona sensibile e come meglio colpirla?! Ti conviene dirmi quello che sai o ne pagherai le conseguenze”.
“Puoi anche solleticarmi ma non ti consegnerò mai la mia spada!”.
“Questo è tutto da vedere…”.
All’improvviso un gremlin entrò nella stanza, agitato e spaventato.
Il mostro lo afferrò con un tentacolo, avvolgendolo, poi lo guardò furente e disse: “Cosa ci fai qui? Avevo ordinato che NESSUNO doveva disturbarmi?”.
“Chiedo perdono… siamo attaccati! La Guardia Reale ha varcato il portale ed ha raggiunto il salone centrale dove è impegnata in battaglia con le nostre forze”.
“Quanti sono?”.
“Almeno duecento! Ma li abbiamo presi in trappola, Signore”.
“Ottimo! UCCIDETELI TUTTI!”.
“Come desiderate Padrone”.
Il mostro lasciò andare il servitore che fuggì il più velocemente possibile dalla stanza.
Mentre il rapitore pensava al da farsi, Aurora sorrise e gli disse con tono sicuro: “I miei uomini sono arrivati, per te è la fine!”.
“Ne sei sicura? Non è detto che vincano contro le mie orde di gremlin e, anche se sopravvivessero, impiegheranno molto tempo a giungere fino a qui… abbiamo tutto il tempo… da dove cominciamo? Ah, si…”.
L’altare d’acqua tremò e ne fuoriuscirono degli arti, braccia, umane composte anch’esse d’acqua.
La principessa emise un grido.


La sanguinosa battaglia fra gli uomini e i mostri alati stava giungendo al termine; i morti non si contavano più, ma il cerchio dei soldati dalle armature bianche si era stretto di molto.
Al centro, le ragazze (alcune delle quali si rivelarono far parte di un ordine clericale, il cui tempio era stato saccheggiato dei gremlin) tentavano di curare alla meglio i feriti mentre i loro compagni continuavano a combattere e soccombere: i nemici erano ancora centinaia mentre la Guardia Reale era ormai composta da una trentina di combattenti e una ventina di feriti più o meno gravi.
Sembrava ormai tutto perduto e persino il re sembrava aver accettato l’idea di soccombere con onore quando delle trombe argentee squillarono.
Un araldo e degli alfieri con stendardo gridarono e dalle loro spalle si riversarono nella stanza interi reggimenti di uomini armati e frementi di gettarsi nella mischia.
Perfino un gruppo di cavalieri pesanti era penetrato nel tunnel ed ora, alla carica, schiacciava avversari su avversari facendosi largo fino la cerchio stremato della Guardia Reale.
La situazione si era equilibrata: alle frecce e ai giavellotti dei gremlin, rispondevano gli eccezionali Balestrieri Azzurri, facendo strage.
I soldati accerchiati si ridiedero coraggio e vigore, rompendo la formazione e gettandosi in mischia con il loro re.
Contro un simile spiegamento di forze, i gremlin non potevano sperare nella vittoria e, quando le vittime superarono il numero dei vivi, questi si dettero definitivamente alla fuga, e questa volta definitiva.
A quel punto tutti i soldati approfittarono dell’esitazione nemica e caricarono furiosamente, abbattendo anche l’ultima resistenza nemica.
In pochi minuti, dalla fuga nemica, la battaglia fu vinta e i soldati esultarono.
Il re ordinò che le ragazze venissero scortate al riparo e con loro furono portate via anche le altre prigioniere; allora, si avvicinò al suo generale e gli chiese chi aveva dato la notizia del pericolo che li minacciava.
Il generale sorrise e gli indicò una persona con la spada sguainata: la piccola Lucine aveva seguito i soldati senza farsi notare e avendo visto la situazione di estrema difficoltà era corsa indietro per chiedere rinforzi.
La guardia informò Lothar che c’erano state molte perdite, circa trecento, e almeno altrettanti feriti; il re era avvilito per il numero dei caduti ma sapeva bene che a causa delle migliaia di perdite subite dal popolo dei gremlin, questi non avrebbero arrecato più problemi per molti, molti anni.
Mentre le salme dei soldati venivano portate via, due uomini portarono dal re che si medicava dalle ferite, uno sciamano gremlin morente, probabilmente il capo di tutta la fazione.
Allora lui chiese al mostro dove poteva trovare la sua sposa, ma questo non rispose.
A questo punto il sovrano gli promise che, se avesse rivelato ciò che gli era stato chiesto, sarebbe stato medicato e lasciato libero: parole da sovrano a sovrano (anche se in questo caso il termine sovrano riferito ad un gremlin non era propriamente adatto).
Questo ci rifletté un attimo poi, accettò la proposta rivelando al re che per trovare chi cercava avrebbe dovuto prendere il terzo cunicolo ad ovest della stanza, ma doveva stare attento: il loro Signore era molto potente.
Allora Lothar prese con se una dozzina fra i più valenti cavalieri ed entrò nel condotto, speranzoso di poter trovare la sua amata principessa ancora in vita.


Nella stanza dai molti portali l’interrogatorio era in pieno svolgimento.
La ragazza rideva animatamente mentre dita instancabili le facevano solletico sulle ascelle e le percorrevano le costole; abili tentacoli le tormentavano le dita dei piedi e i seni con rapide palpatine; piume delicate accarezzavano i suoi piedi e si davano il cambio nel solleticargli l’ombelico; mani affusolate le massaggiavano le gambe e le braccia; fasci di erba legati assieme le punzecchiale animatamente i fianchi aiutati da mani con le dita corte e tozze; infine, audaci tentacoli si erano infilati sotto le mutandine e le solleticavano zone intime estremamente sensibili.
Il solletico era al suo culmine.
Ogni punto del suo corpo veniva solleticato nella maniera più adatta ed utile a causare il maggior tormento possibile.
“Cosa vogliamo fare mia cara principessa? Dimmi il luogo oppure li farò continuare!”.
“No! Ahhahahahahahahahahahahahaha non sa-ahhahahaha-prai-ahhahahahahahaha null-ahhahahahahaha-a! non t-heeheeheeheeheehee-mo aff-ahhahahahahahahahaha-tto i tuoi m-heeheeheehee-todi! Ahhahahahahahahahahahahahahahaha non ti illud-heeheeheeheehee-re ahhahhahahahahahahaha”.
“Quanto ancora pensi di poter resistere eh?”.
“Ahhahahahah finché non a-ahhahahaha-rriver-ahhahahahahahaha-à il mio ahhahahaha sposo… ahhahahahahahahahahahahahaha Sono cert-ahahaha! Mi verrà a salva-ahahah-re! Ahhahahahahahahahahahahahahahaha resist-heeheeheehee-rò ahhahahahahahaha qualunque cos-ahhahahahahahaha tu mi facci-ahhahahahahahahahahahahaha NON TEMO… ahhahahahahahahahahahahahahahahahahahahahaha Il TUO SOLLETICO!!! ahhahahahahahahahahahahahahahaha”.
La ragazza era intenzionata a non rivelare dove era riposta la spada perché la sapeva essere l’unica arma capace di uccidere il demone; ad ogni tocco ed ad ogni carezza però, la sua volontà si affievoliva sempre un po’ di più, ed era proprio su questo che il suo aguzzino puntava.
Deciso a farla cedere, tento di infliggerle il colpo di grazia: nuovi tentacoli le si insinuarono fra i piedi, altre mani le solleticarono i fianchi e il basso ventre mentre piccole piume le accarezzavano il collo e la gola.
Ormai era realmente solleticata in ogni parte del corpo ma riusciva resistere.
“Parla!”, gridò seccato il mostro.
“Ahhahahahahahahahahahahahaha cosé? Ahhahahahahaha hai pers-ahhahahahaha-o la tu-ahhahahahahahaha-a sicurezz-ahhahahaha-a? ahhahahahahahahahaha non ahhahaha pa-ahhahahahaha-rlerò ma-ahhahahahahahahahahaha-i! Ahhahahahahahahaha”.
“Non credevo avresti resistito… ma ora è giunto il momento di smetterla! Dimmi ciò che voglio sapere o ti farò morire dal ridere!”; tutti gl’arti aumentarono il ritmo e con esso la velocità, facendo aumentare di picco il solletico inflitto.
“Ahhahahahahahahahahahahaha è tutto inutil-heeheeheeheeheeheeheehee. Io resisterò! Ahhahahahahahahahahahahahahaha mi spi-ahhahahaha-ce per t-heeheeheeheeheehee… ahhahahahahaha”.
Ormai Aurora era allo stremo e resisteva solo con la forza della disperazione, ma il mostro si era infuriato e, visto che non riusciva ad ottenere alcun risultato decise di cambiare sistema.
Improvvisamente tutti gli arti si bloccarono.
La ragazza, ancora sconvolta da tutte quelle risate e singhiozzante, aprì gli occhi pieni di lacrime e si guardò in torno alla ricerca del mostro.
Era in un angolo della stanza da cui si poteva accedere in una seconda attraverso una pesante porta di pietra.
Il mostro aspettò che lei fosse del tutto lucida poi la disse: “Ho una sorpresa per te che forse ti farà cambiare idea… aspettami qui!”.
Aurora non capiva a cosa lui si stesse riferendo, ma sicuramente doveva essere una trappola; infatti quando la creatura demoniaca uscì dalla stanza portava con sé una croce in pietra sulla quale era legata una bambina dall’età apparente di dodici- tredici anni, bendata ed imbavagliata.
La piccola si dimenava ma non riusciva a sottrarsi alla presa delle corde ce le immobilizzavano braccia e gambe.
“Cosa vuoi farle?”.
“Ora lo vedrai, se a te non interessa la tua sofferenza, vediamo se la sua ti convincerà a parlare”.
“Sei soltanto una creatura crudele e meschina! Lascia stare quella bambina e prenditela con me!”, esclamò lei ancora turbata dalla precedente esperienza.
“Perché dovrei farlo quando posso intraprendere una via più semplice”, allora con un tentacolo tolse la benda che copriva gli occhi alla piccola e la salutò, terrorizzandola con la sua vista.
Poi con un secondo tentacolo le afferrò i vestiti e li strappò, lasciandole solo una camicetta di lino.
Allora mentre la bambina piangeva si voltò verso Aurora furente e le disse: “Ecco la mia proposta… o mi dici ciò che voglio sapere o questa ragazzina passerà un brutto quarto d’ora. Non scherzo!”.
La principessa rimase in silenzio, indecisa su come comportarsi, allora il mostro capì che la sua mossa stava dando i frutti sperati, quindi entrò in azione: due tentacoli si infilarono sotto la maglietta dalla prigioniera ed iniziarono a solleticarle i fianchi.
“Ma come siamo sensibili…”, disse crudelmente rivolgendosi alla bambina, “voglio sentire che voce ha…”; le tolse il bavaglio di bocca facendo si che le sue risate disperate si diffondessero in tutta la stanza.
“Nooo! Ahhahahahahahahaha la supplico! Ahhahahahahahahahahahahahaha si fermi… ahhahahahahahaha l-ahhaha prego! Ahhahahahahahahahahahahaha”.
“Cosa decidi, principessa? Devo continuare?”.
“Lasciala stare!”, tuonò la ragazza me le sue minacce rimasero inascoltate.
Per forzare la mano della ragazza il mostro affondò ancora la sua tattica solleticando le giovani ascelle della bambina che ormai, priva di ogni controllo, rideva senza più tentare di opporsi al suo torturatore.
“ahhahahahahahaha Bast-ahhahahahahahahaha! No… no… ahhahahahahahahahahaha Abbiat-heeheeheeheeheeheeheehee piet-ahhahahahahaha-à di m-heeheeheeheehee! Ahhahahahahahahahahaha basta! Ahhahahahahahahahahahahahahahahahahaha”.
“Dammi la spada, o questa innocente ne pagherà le conseguenze!”.
“Io… non…”, disse con un filo di voce Aurora.
Una nuova coppia ti arti andò ad accarezzare il ventre della piccola con estrema delicatezza, togliendole quasi il respiro.
Le lacrime della bambina bagnavano la sua camicetta mentre il mostro utilizzava tutta la sua maestria per solleticarla; poi le si avvicinò, rallentando il ritmo della tortura e le chiese: “Ti stai divertendo? Vuoi che continui, piccina? Hai una pelle così liscia e morbida… sei proprio un bocconcino niente male… come lo trovi questo?”; così dicendo due tentacoli si avvolsero ai piccoli seni, appena accennati, della bambina ed iniziarono ad accarezzarli, eccitandogli i capezzoli.
La prigioniera cominciò ad ansimare, sconvolta da quelle carezze che le procuravano delle nuovi ed intense emozioni che mai, prima di quel momento, aveva provato… era troppo per la sua mente innocente.
“Ahhahahahahahahaahahahahahahahahahahaha no… ahhahahahahahahahaha la prego! Ahahahahahahahahahahahaha potente signo-ahhahaha-re… ahhahahahahahahahaha si fermi. Ahhahahahahahahahahahahahahahahahahaha la scongiuro, ahhahahaha bast-ahhahahahahahahahahahahahaha no, no ahhahahahahahahahaha pi-heeheeheeheehee-t-ahhahahahahaha-à! La smetta… ahhahahahahahahahahahahahahaha”, tutti i tentacoli avevano ripreso a farle il solletico e altri se ne erano aggiunti.
“Basta! Lasciala stare!”, gridò Aurora, ma il mostro la ignorava.
“Ghiri, ghiri, ghiri, soffri il solletico eh? Ma che pelle delicata che hai… sei così giovane ma già così sensibile! Solletico, solletico, solletico! Lo soffri sui piedi? Vediamo…”.
“Ahahahahahahahahahaha la supplic-ahhahahahaha-o ahhahahahahahahahaha mi lasci ahhahaha! Perfavor-heeheeheehee… ahhahahahahahahahahahahahahahahahahahahaha Mi la-ahhahahahahahaha-sci andar-heeheeheeheeheeheeheeheeheehee Ahhaha Basta… ahhahahahahahahahaha basta… ahahahahahahahahahaha bast-ahhahahahahahahaha! Non ho f-ahhahahaha-tto nulla di m-ahhahahaha-l-heeheeheeheehee!”.
Il mostro continuava a torturare la piccola prigioniera senza sosta, quando la principessa lo fece fermare dicendogli che gli avrebbe consegnato la spada.
Allora lui ritrasse i suoi tentacoli e dette tregua alla bambina sfinita.
“Molto, molto BENE!”, esclamò soddisfatto, e rise.


Lothar avanzava a passo spedito seguito dai suoi uomini quando si ritrovò in una grande sala in cui erano disposte delle alte colonne, alle quali, con suo stupore, vide incatenate la ancelle della principessa sua sposa.
Diede ordine ai soldati di liberarle e portarle in salvo mentre lui procedeva nella ricerca.
I soldati spezzarono le catene che bloccavano le incredule alle colonne intarsiate, poi le accompagnarono verso la camera centrale, dove i secondo in comando del re stava dando ordini affinché i soldati si dividessero in gruppi per ispezionare quei tunnel.
Nascosta dietro ad una sporgenza, Lucine non si fece notare dai guerrieri che ritornavano con le ragazze e seguì il re.
Il condotto sembrava scendere sempre più in profondità ma fortunatamente era illuminato da delle torce fissate alle pareti a distanze regolari.
All’improvviso si accorse che il terreno era bagnato e che ruscelli (o simili) sgorgavano dalle pareti.
Alla loro base erano nati e cresciuti degli esseri simili a funghi appartenenti alla razza delle attinie di terra: creature alte circa mezzo metro che si nutrono di insetto o altri animali volanti afferrandoli con i tentacoli e digerendoli nella parte inferiore del cappuccio.
Quando il cavaliere passò ammezzo a loro, alcuni piccoli tentacoli fuoriuscirono dal centro dei cappucci e ne sfiorarono l’armatura: dedotto che non fosse nulla di commestibile (e comunque di dimensioni troppo elevate) si ritirarono.
In quel punto il corridoio svoltava a destra e il re, cautamente, lo seguì.
Lucine, che seguiva il re, attraversò cautamente quel luogo, intimorita dalle attinie, ma, improvvisamente, un piede le scivolò su una pietra resa scivolosa da una formazione di muffe.
Cadde di lato ritrovandosi in mezzo a una delle due colonie di funghi.
Questi, messi in agitazione dall’urto, fecero fuoriuscire i loro tentacoli ed imprigionarono la sfortunata bambina che si ritrovo nuovamente in trappola.
Avendo catturato quella che per loro era da considerarsi una grossa preda, le appendici cominciarono a toccarla, alla ricerca di qualcosa di commestibile.
Lucine rimaneva immobile nella speranza che venisse rilasciata; ma tutte le sue speranze si rivelarono vane.
I tentacoli infatti, riuscirono a farsi strada attraverso le aperture delle vesti fra un bottone e l’altro, nelle maniche e nel collo, cominciando a punzecchiare ed esaminare (attraverso carezze e strofinii) il corpo fremente di lei.
Lucine si tratteneva dal ridere ma non poteva fare a meno di tentare di sottrarsi al loro tocco incessante e scrupoloso, quando si avvicinavano a punti particolarmente sensibili, dove, una volta raggiunti, le facevano scappare qualche risatina.
Accadde allora una cosa che Lucine non avrebbe mai creduto: il suo sudore, ricco di sali minerali ed altre sostanze, colpì l’attenzione dei funghi che, essendo difficilmente capaci di trovarle in quei luoghi, decisero di assorbirne il più possibile.
Dai funghi fuoriuscirono nuovi tentacoli ricoperti di sottilissimi aghi flessibili, simili alle setole di un pennello anche se più radi e lunghi.
La bambina a quella vista si fece prendere dal panico e tentò di divincolarsi, ma i funghi, intenzionati ad assorbire più liquidi corporei possibili, la serrarono nella loro morsa e con sorprendente abilità (che denotava una certa intelligenza) slacciarono i bottoni della veste e sollevarono la canottiera, così da poter raggiungere facilmente la pelle di lei.
Allora i “pettini” dettero inizio alla loro opera di raccolta percorrendo la pancia di Lucine come dei pennelli che stendono il colore su di una tavola, dall’ombelico fin quasi ai seni.
Il solletico prodotto da un tale contatto fece impazzire le terminazioni nervose della bambina che esplose fra mille risate.
Il loro tocco era così delicato che non poteva essere nemmeno paragonato a quello di una piuma; a Lucine non sembrava quasi vero, ma quelle carezze le piacevano a tal punto di smettere, involontariamente, ogni tentativo di fuga abbandonandosi al solletico.
Gli altri tentacoli intanto, avevano smesso di infastidirla e si limitavano a tenerla ferma.
Lucine però, si riprese avvertendo uno sgradevole odore che proveniva da sotto di lei: guardò e trasalì del vedere delle enormi fauci spalancarsi nel terreno.
I funghi di superficie non erano altro che una parte della creatura, il grosso era nascosto sotto terra e si trattava di fauci abbastanza grandi da inghiottire un uomo, senza denti ma trasudanti acidi in grado di liquefare anche la pietra.
Il panico la pervase e, mentre veniva trascinata giù, tra le risa, invocava disperatamente aiuto.
“Aiuto! Ahhahahahahahahahaha aiutat-heeheeheehee-mi… ahhahahahahahahahahaha Che qu-ahhahaha-lcono mi a-ahhahaha-iutti! Ahhahahahahahahahahahahahahaha”.
All’improvviso un’ascia roteò rasente il terreno falciando i funghi e trafiggendo le fauci, che si richiusero di scatto, seguite da un grido animalesco, sparendo da dove erano venute.
La bambina cadde a terra ancora mezza invischiata dall’ammasso di appendici tentacolari e vide la sagoma di Lothar che, con la seconda arma, colpiva violentemente il terreno trafiggendo ed uccidendo la bestia sotterranea.
Raccolte le armi, si rivolse in tono severo verso Lucine e le disse: “Cosa ci sei venuta a fare qui? Saresti morta se non avessi casualmente udito le tue risate! Torna subito dai miei soldati, questo non è un posto sicuro per una bambina”.
“Chiedo scusa mio Signore… ma sapete… ero molto preoccupata per la principessa e così…”.
“Non importa, su… torna indietro”.
“Oh, vi prego! Portatemi con voi! Prometto che non vi sarò di intralcio!”.
“E’ troppo pericoloso per una bambina come te, e poi, se ti accadesse qualcosa la principessa ne soffrirebbe molto”.
“Ma io…”.
“Non discutere, torna indietro e stai molto attenta! Lascia fare a me!”.
“Come volete, mio Signore”.
“Molto bene, a presto!”.
Dopo aver salutato la piccola e averle raccomandato di stare attenta, il re proseguì nella ricerca.
Lucine però, disobbedendo al cavaliere, non solo non tornò indietro, ma riprese a seguirlo a debita distanza come aveva fatto sin lì, intenzionata però a non farsi catturare nuovamente da qualche pianta o qualche mostro della terra.


Nella stanza dei portali, il demone si avvicinò alla principessa ancora legata e le chiese: “Allora… dove si trova questa meravigliosa arma?”.
Dato però, che Aurora sembrava nuovamente titubante alla risposta, il mostro allungo un tentacolo con il quale andò a stuzzicare i piccoli seni della bambina facendola ansimare.
Allora la principessa, preoccupa per le sorti della immacolata prigioniera, gli gridò: “Fermati! La Spada d’Argento si trova in un cella speciale nelle segrete del terzo livello! Ora lascia stare la bambina!”.
Il demone si volse verso il portale e lo diresse verso la stanza indicatagli, ma, una volta raggiunta, la trovò vuota.
Infuriato scattò verso la ragazza e le ruggì: “Sarà meglio che tu mi dica la verità o questa volta non userò il solletico, ma qualcosa di più efficace!”, mettendo bene in vista i suoi lunghi artigli terribilmente affilati.
Aurora rimase incredula alla notizia che la stanza fosse vuota e, quando il mostro le chiese nuovamente dove l’avesse nascosta, lei continuava a sostenere che l’aveva lasciata in quel luogo dove nessuno avrebbe potuto prenderla.
Poi le balenò un’idea nella mente: nessuno fatta eccezione del suo sposo!
Allora le venne un’idea, un tranello che avrebbe fatto perdere tempo al suo aguzzino e salvato la vita della bambina.
Mentre il demone la osservava collerico, lei inaspettatamente gli sorrise e gli parlò con un tono molto dolce e sensuale: “Ascolta… che fratta hai di recuperare una spada quando hai me! Cosa ne diresti di divertirci un po’ prima?”, gli sorrise nuovamente e sfoggiò tutta la sua bellezza, “vedere quella piccola ricevere tutte le tue attenzioni mi ha molto agitata. Se sei davvero il mio Plumy dimostramelo! Lui sapeva mandarmi in estesi con le sue dolci carezze”, poi ansimò sensualmente, “sei capace anche tu o le tue sono solo parole? Dai… fammi divertire!”.
“Tu… tu stai cercando di ingannarmi!”, replicò il mostro confuso.
“Come potrei tentare di ingannarti, ormai la vittoria è tua. Credevo di piacerti? Non ti andrebbe di accarezzare un po’ la mia pelle liscia? Forse non sei più quello di un tempo?!”.
Confuso da quel cambiamento, il mostro cadde nella trappola tesagli dalla ragazza che così facendo riuscì a distoglierlo dalla ricerca della Spada d’Argento.
Si avvicinò a lei e gli si sedette accanto, quindi fece fuoriuscire un gran numero di tentacoli frementi dalla sua schiena che si avvicinarono al corpo nudo di Aurora, che, però, protesto così dicendo: “Aspetta, non voglio essere incatenata! Preferisco il tuo abbraccio a delle fredde catene d’acqua”.
“Come desideri”.
La catene si spezzarono e il loro posto fu preso da tentacoli pulsanti.
Quando lui l’ebbe saldamente afferrata la avvicinò a se e le sussurrò: “Non so se le tue parole sono sincere ma voglio accontentarti, ora ci divertiremo! Da dove preferisci che cominci?”.
“Scegli pure tu, ogni tua singola carezza ha la capacità di mandarmi in estasi!”.
A questo punto il demone sembrava essere soddisfatto a tali lusinghe e senza ulteriori indugi dette il via alla danza dei suoi tentacoli sul bellissimo corpo nudo di lei.
Dal canto suo la principessa era molto fiera di se per essere riuscita ad ingannarlo così efficacemente e sapeva che ora non doveva scoprirsi, ma doveva lasciarsi solleticare dal mostro, addirittura incoraggiandolo a continuare nonostante provasse un profondo senso di repulsione contro una tale malvagia creatura.
Il mostro iniziò con lo stuzzicare le costole e i fianchi della ragazza, ma non per farle del solletico continuato, ma solo per indebolirla con continui, brevi affondi: come la lingua biforcuta di un serpente che annusa l’aria e sfiora la preda paralizzata dal veleno.
Aurora resisteva strenuamente al desiderio di ridere, facendosi scappare solo qualche breve accenno di riso.
La creatura sembrava non curarsene poiché sapeva perfettamente come quando farla definitivamente crollare: sarebbero bastati ancora pochi affondi.
Decise che era giunto il tempo di sfondare le difese della ragazza, quindi concentrò tutto il solletico sotto le ascelle movendo le sue sinuose “dita” prima lentamente su e giù, poi sempre più veloci, in un crescendo di solletico che la fece arrendere.
La principe scoppiò a ridere senza più riuscire a smettere.
Il solletico sottobraccio andò avanti per un paio di minuti, poi il mostro si fermò e diede alla sua vittima la possibilità di riprendere fiato.
Aurora respirava affannosamente con la bocca ancora contratta in una risata, e con gli occhi pieni di lacrime.
“Già stanca ragazzina? Il bello deve ancora incominciare”.
“Aspetta! anf – anf dammi un attimo anf – anf di sosta. anf anf”.
“Mi dispiace, ma in questo gioco non sono permesse interruzioni, e poi non eri tu quelle che si voleva divertire?! Ora ti farò provare delle sensazioni fantastiche! Sono sicuro che ti piaceranno… da MORIRE!”.
Più tentacoli si allungarono verso di lei e le spinsero per la schiena in maniera tale da avere il ventre ben in evidenza; venne poi afferrata.da altri “serpenti” che le si avvolsero all’altezza delle anche e un palmo più su.
Ora la preda era completamente immobile.
Quindi il mostro decise di “attaccare” il suo ventre tenero e sensibile.
“Non vedo l’ora di assaggiarti…”, sussurrò la creatura beffardamente.
La ragazza era preoccupata per una tale affermazione ma non riusciva a vedere perché la sua testa era reclinata indietro a causa di un tentacolo che la teneva per la fronte.
Ci fu un’attesa piuttosto lunga e snervante in cui Aurora non sapeva cosa fare; il mostro dal canto suo stava prendendo tempo affinché il suo successivo agire risultasse ancora più insopportabile.
Spalancò le fauci…
La principessa emise un grido acuto quando qualcosa di caldo e viscido iniziò a leccarle la pancia: era la lingua del suo aguzzino!
Quella lingua demoniaca leccava e leccava a suo piacere, come un gatto affamato (e con la stessa ruvidità).
Inizialmente lei reagì ansimando ad ogni tocco di quella, quando poi però, iniziò a sondare ed assaporare il suo ombelico le cose cambiarono…
La lingua colpiva con affondi leggeri ed esplora la “cavità sensibile” del suo ventre; i suoi fremiti e spasmi addominali si fecero incontrollabili, affiancati alle risa sconvolte.
I muscoli del suo stomaco si contraevano e si espandevano rapidamente, senza scampo alcuno.
I solletico sulla pancia, raddoppiava l’agonia di solletico, già incommensurabile, di lei.
Strinse le mani in pugni stretti, tentando di trovare la forza per supplicare il suo carnefice di smetterla: “Hiihihihihi Ahhahahahahahaha Bast-ahhahahahahaha-a! NO! Ahhahahahahahahaha B-basta ahahahahahahaha ti supplic-ahhahahahahahahaha! Fe-hehehehe-rmati… ahhahahahahahahaha Basta! Ahhahahahahahahahahahahaha”.
“Non ho sentito bene, potresti ripetere?”, disse il demone interrompendo per un istante la sua tortura prima di riprendere più soddisfatto che mai.
“Ba-ahhahahaha-sta! Ahhahahahahahaha”.
Con estrema accuratezza, l’enorme lingua leccava ogni punto del suo ventre, con una delicatezza insostenibile.
“Ti avevo detto che eravamo solo all’inizio ed ora passiamo al secondo obbiettivo!”, poi il solletico addominale riprese.
Alcuni tentacoli aprirono un baule socchiuso che si trovava in fondo alla stanza, in un angolo, estraendo due lunghe bacchette di legno che terminavano con cinque dita formate da bastoncino ricurvi, legati assieme da dello spago sottile.
Ad ogni dito erano a loro volta legate una decine di piccole e larghe piume, diverse dalle solide perché appartenenti al piumaggio incolto dei pulcini, quindi null’altro che lunghi e morbidi filamenti di vario colore.
All’apparenza inutili, erano un’arma terribile se usati per solleticare i rosei e delicatissimi piedi di Aurora, e il demone lo sapeva bene in quanto aveva letto i ricordi del suo ospite vegetale, preparandole per quando avesse messo in atto il rapimento.
Tutti quei fili morbidi erano causa di insofferenza per Aurora.
Un tentacolo, per parte, afferrò il piede della prigioniera per le dita e lo inarcò con la sensibile pianta in avanti: impossibilitata a sottrarsi alle dolci carezze delle “piumine”.
Il loro tocco fu devastante per le terminazioni nervose dei piedi che esplosero con sensazioni talmente elettrizzanti da farla rimanere quasi senza fiato.
Ormai sconvolta da tutto quel solletico, la ragazza si rese conto di non poter sopportare oltre e iniziò a dimenarsi con tutte le sue forze.
Purtroppo, il mostro era preparato e la immobilizzò facilmente avvolgendola ulteriormente fra le sue numerose spire frementi.
All’improvviso però, quando la principessa credeva di svenire, lui si fermò, limitandosi a guardare la sua opera compiaciuto e meditando sul colpo di grazia che fra poco le avrebbe inferto.
Le lacrime scorrevano continue sul volto di lei stordita da tutta quella tortura che ormai durava da più di cinque minuti.
“Ora siamo giunti all’apice del nostro gioco!”, il mostro ritirò le mani piumate e smise di leccarle l’ombelico, lasciandogli qualche attimo per riprendere fiato, “c’è ancora un ultima parte del tuo corpo che non ho ancora sfiorato, l’ho lasciata per ultima perché è la più interessante”.
Dalla schiena della creatura fuoriuscirono due tentacoli più grandi e spessi degli altri, dotati di una superficie ruvida ed irregolare, in quella che doveva essere la loro parte superiore erano disseminati piccoli fori ad intervalli omogenei.
Questi iniziarono ad avvolgersi lentamente attorno alla base dei seni di lei, formando una spirale con un paio di file successive.
La principessa trattenne a stento un gemito ma non poté che frenare le risa che quelle ruvide carezze da strofinio le causavano.
“Ricordi?”, domandò lui (mentre qualche tentacolo aveva ripreso a stuzzicarle le ascelle), “qual’è la cosa che più di ogni altra cosa temevi quando ti facevo il solletico nella foresta? Il tocco dei millepiedi!”.
“No, ti prego! Ahhahahahahahahahaha”, disse lei visibilmente spaventata dalla notizia, “per favor-heeheeheehee… non puoi farmi questo! Ahhahahahahahahaha”.
“Oh si invece, è il momento più interessante. Ora ti farò disperare… sei pronta?”.
Dai forellini emersero decine di sottilissimi tentacoli grandi come lo stelo di un fiore, e, come abilissime dita iniziarono a stuzzicare e solleticare i sensibilissimi seni di lei, movendosi con carezze verticali di una delicatezza irresistibile.
Non avendo alcuna possibilità di resistere a tanta delizia, Aurora cominciò nuovamente a ridere disperatamente, con le lacrime che scendevano continue sulle guance arrossate, mentre gli “steli” continuavano la loro opera.
La creatura sapeva bene come sconvolgere la sua preda e a tal fine si destreggiava nel raggiungere tutti i punti possibili dei suoi seni ad intervalli simili nel tempo; sapeva inoltre che più si sarebbe avvicinato alla sommità più il suo solletico sarebbe risultato efficace.
Un po’ alla volta aggiungeva nuovi appendici che puntavano sempre più in alto, osservando nel volto sconvolto della ragazza la conferma dei suoi pensieri.
Raggiunti infine i rosei capezzoli, le grida di lei si fecero ancora più acute e le risate irrefrenabili; tre punti del suo corpo erano considerati come i più sensibili: per terzo veniva l’ombelico, per secondi, le dita dei piedi e per primi i capezzoli dei morbidi seni… “l’apoteosi” della sensibilità!
“Ahhahahahahahaha Basta! Ahhahahahahahahaha ti supplico! Ahhahahahahahahahaha n-no… ahhahahahahahahahahahahahahahahahahahaha Non tocca-ahhahahahahaha-rmi così! Ahhahahahahahahahahahahaha basta, lascia-ahhahahahahahahahaha-mi andare! Ahhahahahahahahahahahaha ti prego, no! Ahhahahahahahahaha così mi f-ahhahahaha-i IMPAZZIRE! Ahhahahahahahahahahahahahahaha è troppo! Ahhahahahahahahahaha”.
“Ma come? Già ti arrendi?”.
“Ahahahahahahahaha b-basta… ahhahahahahahahahahahahahaha smettil-ahhahahaha! Non resisto più! Ahahahahahahahahahaha abbi piet-ahhahahahahahahahaha!”.
“Dai, resisti ancora un po’ ”, commentò beffardo il mostro, “hai dei seni così morbidi…”.
Le sottili appendici colpirono sempre più in profondità, spezzando ogni soglia di sofferenza che Aurora avesse mai potuto immaginare; ogni qual volta una delle appendici le sfiorava un capezzolo, un grido isterico inframmezzava le risate.
“Ahhahahahahahahahahaha ferma-ahahahahahahaha-ti! Ahhahahahahahahahahaha ti prego! Ahhahahahahahahahahahahahahahahahaha non resist-ahhahahahahahahahaha b-ahahahaha-st-ahahahahahahaha! Non li! Ahahahahahahahahahahahahahaha smettil-ahahahahahahahaha te ne pr-heeheehee-go ahahahahahahahahahahahahahahahahahaha Fe-heeheeheeheeheeheehee-rmati! Ahhahahahahahahahahahaha”.
Il mostro assaporava appieno ogni risata e dopo un po’ esclamò sogghignando: “Dai… non mi dirai che ti piace?! Guarda! Sei tutta bagnata [osservando le mutandine di lei], non credevo che ti eccitassi fino a questo punto…”.
“NO! Ahhahahahahahahahaha non dir-heeheeheeheeheehee così… ahhahahahahahaha mi vergogno. Ahhahahahahahahahahahaha”; Aurora non riusciva a capire cosa le prendeva, si sentiva estremamente eccitata, come se tutto il suo corpo andasse a fuoco.
Anche se non voleva ammetterlo, essere toccata così le piaceva più di ogni altra cosa e l’estasi le stava annebbiando i sensi.
Si rendeva perfettamente conto che, se il mostro avesse continuato ancora così, presto non sarebbe più riuscita a controllarsi e si sarebbe lasciata andare.
“Ti piace Aurora? Lo so che le mie carezze ti eccitano! Ghiri, ghiri, ghiri… dai, dimmi che ti piacciono i miei tentacoli!”.
Ormai, sconvolta da tutta quell’eccitazione, i capezzoli le erano diventati turgidi e anche le sue mutandine si bagnavano ogni momento di più; allora, per obbligarla a rispondergli, il mostro le sfilò le mutandine e disse soddisfatto: “Guarda guarda che bello spettacolo… adesso facciamo sul serio!”.
I forti tentacoli che le tenevano le gambe si contrassero, divaricandole e lasciando la sua vagina in balia di qualunque sollazzo potesse venire in mente al suo aguzzino.
“Ahhahahahahahahahaha ti pr-heeheeheeheeheehee-go! Non f-ahhahahahahahaha-rmi questo! Ahhahahahahaha Ogni altr-ahahahahaha cos-ahahahahahaha… ma non questo! Non potr-heeheeheehee-i resist-heeheeheehee-r-heehee. Ahhahahahahahahahahaha”.
Un tentacolo più spesso e ruvido andò allora a giocare con la rosea vagina di Aurora, esaminandola accuratamente ed accarezzandola con dei movimenti verticali molto lenti e delicati.
Nel frattempo una manciata di piccole appendici si allontanarono dai seni e puntarono al clitoride della principessa (divenuto anch’esso turgido per l’eccitazione), accarezzandolo in un modo talmente irresistibile da mandare Aurora in estasi.
Arrivata al limite della resistenza, Aurora si lasciò andare alla lussuria che provava e non appena il “ruvido viticcio” raggiunse la sommità della sua “parte più intima”, la ragazza cedette e “venne”.
“Ma che brava! Sei venuta nonostante si possa considerare che io i stia violentando… non sapevo che apprezzassi questo genere di cose?! ALLORA DIAMOCI DENTRO!”, urlò il demone deciso a torturarla ancora.
Come in uno scatto d’ira, il mostro riprese non solo a solleticarla sui seni e fra le gambe, ma ricominciò a leccarle l’addome con la flessuosa lingua, i piedi con le manine piumate e le ascelle con le mani.
Ormai rassegnata, a nulla valsero gli sforzi di mantenere un minimo di freni e dopo alcuni minuti di continuo solletico ed eccitazione, la ragazza “venne” nuovamente (sotto lo sguardo disperato dell’altra piccola prigioniera, che, piangendo, assisteva impotente agli abusi del mostro sulla sua signora).
Poi, però, la tortura si protrasse per non più di un minuto, anche perché la malvagia creatura era perfettamente conscia che la sua preda era al limite di ogni umana sopportazione e che, quindi, avrebbe dovuto darle il tempo sufficiente per riprendersi, prima di darle il colpo di grazia.
Il mostro prese una fiala da un ripiano e ne rovesciò il contenuto sui seni della ragazza che, a contatto con quel liquidi freddo su di una parte così intima e particolarmente sensibili, sussultarono (stessa sorte toccò al suo addome e ai suoi piedi).
Poi, il liquido rimanente venne fatto bere alla principessa che, immobilizzata e sfinita, non poté evitarlo.
Dopo poco la ragazza si sentì come travolgere da una fiamma che le restituiva le energie dissipate durante la sessione di solletico, ma, al contempo, le sembrava che nei punti bagnati da quella pozione il freddo diventasse più pungente.
In un primo tempo pensò che si trattasse del fatto che erano bagnati, ma il mostro, come se sapesse cosa dire al momento esatto le spiegò il suo piano.
“Il liquido che ti ho dato renderà il nostro gioco molto più lungo ed interessante: presto eliminerà ogni sensazione sgradevole o sofferenza, lasciando invece il piacere. Renderà la tua pelle ancora più delicata e morbida, sensibile a qualsiasi attacco”.
Aurora, che si stava lentamente riprendendo dalla terribile sessione di solletico che aveva appena subito, udì le parole del mostro con sempre crescente preoccupazione e decise di implorarlo affinché gli concedesse qualche minuto di riposo, anche perché la sua mente non era affatto lucida (dato che era quasi svenuta) e la vista era completamente annebbiata.
Lui sembrò acconsentire, quindi per un po’ non accadde nulla in quanto la lasciò andare e si ritirò in una stanza attigua, chiudendo la pesante porta dietro di se.
La principessa rimase sdraiata a terra nell’incoscienza, fradicia di sudore e sfinita dalle “violenze” subite; nonostante poi, la bambina la chiamasse disperatamente, lei non la udiva (tanto era sconvolta e stanca).
Trascorse così un tempo indefinito.


Il cavaliere intanto proseguiva nella sua ricerca, avvicinandosi sempre di più al suo nemico, del quale riusciva ormai a percepire la presenza maligna.
Lucine lo seguiva ancora da vicino, per non rischiare di essere catturata da altre creature natie di quel luogo, tanto che si era fatta più volte scoprire, senza accorgersene.
Arrivato ad un bivio, il cavaliere si arrestò per qualche secondo per poi proseguire a destra, anche Lucine prese la stessa strada.
Durante il cammino ebbe qualche cruento incontro con piccoli gruppi di gremlin in fuga che riuscì però ad eliminare facilmente; problemi li ebbe però arrivando davanti ad una immensa porta di ferro sorvegliata da una coppia di grossi basilischi.
Sapeva bene che il loro sguardo è mortale, in quanto pietrifica chi lo incrocia.
Non potendoli affrontare in corpo a corpo, decise di utilizzare la distanza a suo vantaggio, quindi osservò la posizione delle due bestie e valutò la traiettoria che le sue asce avrebbero dovuto compiere una volta lanciate.
Quindi chiuse gli occhi e caricò i guardiani lanciando le sue armi con precisione mortale: uno venne decapitato di netto mentre l’altro ne rimase gravemente ferito con un profondo squarcio alla base del possente collo da serpente.
Il mostro, infuriato, caricò a sua volta scaraventando Lothar contro la parete opposta della stanza con un violento colpo di coda.
Il re avrebbe voluto recuperare le sua asce ma non potendo aprire gli occhi si ritrovò in difficoltà.
Allora decise di rischiare il tutto per tutto facendo si che il basilisco si avvicinasse abbastanza da poter essere colpito dalla spada.
Il basilisco caricò nuovamente ed azzannò il suo nemico ad un braccio; in reazione, l’uomo sfoderò la spada e colpì la belva direttamente sul cranio, sfondandoglielo e uccidendola.
Lo scontro era vinto e Lothar recuperò le sue asce, anche se era visibilmente turbato, in quanto sapeva che le zanne dei mostri appartenenti alla razza delle belve pietrificanti hanno le zanne imbevute di veleno che, a lungo andare, risulta mortale.
Fasciatosi la ferita, sfondò la porta con un potente fendente delle due armi e proseguì giù per delle scale molto ripide che scendevano nelle tenebre.
Lucine continuava il suo pedinamento.


Quando la principessa ebbe nuovamente la mente lucida, si alzò in piedi traballante e si guardò attorno alla ricerca di qualche punto di riferimento, poi vide la bambina legata alla croce, ancora in catene e tremante dal terrore.
Si avvicinò a lei chiamandola e la liberò, quindi, mentre la piccola piangeva disperata per la paura di quei giorni in cui era stata rapita, Aurora, la strinse a se fra le braccia e tentò di infonderle coraggio assicurandogli che quel terribile mostro non le avrebbe più fatto alcun male.
Trascorsero diversi minuti, poi la porta si riaprì e il demone fece il suo ritorno.
La pozione ormai aveva quasi completato il suo effetto e lui già fremeva nel pregustarsi le sue prossime mosse che aveva in mente.
Allora, la principessa disse alla bambina di nascondersi in un angolo della stanza, dietro a un grosso macigno e, per guadagnare altro tempo, chiese all’altro: “Come hai fatto a creare questa deliziosa bevanda? Sei sicuro che darà gli effetti che mi hai detto poco fa, o mi stai prendendo in giro?”.
“Non temere… gli effetti saranno quelli! Ho provato il mio succo su molte ragazze ed il risultato, adesso che l’ho perfezionata, è sicuro”.
“Come ‘sicuro’?”, chiese lei con stupore.
“Sai, all’inizio era instabile e poteva risultare troppo forte, oppure non abbastanza prolungato nel tempo o viceversa”.
“Cosa ne è stato di quelle ragazze?”.
“Morte!”.
“Come è possibile?! Cosa le hai fatto?”, gridò lei annichilita.
“Sai… sono morte dal troppo ridere! La loro debole mente umana non ha retto tutto quel piacere e quell’eccitazione. Ricordo di una ragazzina che è perita dopo due giorni di solletico ininterrotti! Ma non devi preoccuparti… sono tutte morte felici!”; e dopo aver dette questo il mostro scoppiò a ridere soddisfatto.
Aurora pianse e rivolgendosi al carnefice gli disse sdegnata: “Sei un FOLLE! Null’altro che un MOSTRO! LIBERACI SUBITO!”.
“Non scaldarti tanti piccola… e non temere, fra poco le raggiungerai anche tu! La mia vendetta si compirà ora!”.
“… … …”, lei rimase in silenzio.
“Ricordi?! Avevo detto che ti avrei uccisa e lo farò!”.
“LASCIACI ANDARE o te ne pentirai!”, tuonò lei; tentò quindi di raggiungere la parete dove aveva intravisto una coppia di spade appese, me improvvisamente le forze gli vennero a mancare completamente e le gambe gli cedettero.
“Mi dispiace molto per te, ma vedi… il nettare che hai bevuto ti sottrae anche ogni barlume di energia, quindi ora sei completamente alla mia mercé! Ora, finalmente, potrò ringraziarti per avermi ucciso durante la guerra ed avermi costretto in questo corpo da vegetale!”.


Ormai il cavaliere sentiva la presenza del suo nemico molto chiaramente, ma le molte ferite riportate durante la marcia ne stavano fiaccando le forze, rendendo il corpo debole e la vista offuscata.
Aveva perso molto sangue e in quelle condizione non sarebbe mai riuscito a sopravvivere ad uno scontro di tale portata quale quello che lo attendeva.
Lucine lo sapeva bene e tentava di inventarsi una soluzione a quel problema.
Lungo la marcia, un leggero alito di vento attirò l’attenzione dei due che si voltarono alla loro sinistra e scorsero una nicchia nella parete dove risplendeva una luce; si avvicinarono e Lucine guardò al suo interno.
Un grande occhio grosso come una testa d’uomo era sospeso in aria e dalla sua pupilla gocciolava una misteriosa sostanza che si incanalava nella pietra formando una pozza luminosa.
Non appena l’occhio li scorse, spalancò la sua pupilla verticale e colpì con una raggio dorato Lothar che cadde a terra paralizzato e privo di coscienza.
Lucine lanciò un grido e corse verso il suo signore steso a terra.
L’occhio uscì dalla parete e si avvicinò levitando a due, quindi, quando la bambina lo guardò disse telepaticamente: “Come osate disturbare il mio sonno con il vostro rumore? Creature mortali che abitate la superficie, andatevene e lasciatemi riposare!”.
“Aspetti! Noi non volevamo affatto disturbarla! Deve crederci! Il mio signore deve portare a termine una difficile missione e si è trovato casualmente a passare di qui, non voleva far nulla contro di lei, ma contro un mostro spregevole che domina in queste caverne!”.
“Ma davvero? E vorrebbe affrontarlo ridotto in quello stato? Non ti credo giovane essere umano!”.
“La prego di ascoltarmi… lo liberi dal suo potere e gli permetta di proseguire! La scongiuro! Farò tutto ciò che mi chiederà!”.
“Forse potrei anche crederti… il tuo agire mi sembra sincero, ma in cambio voglio qualcosa in cambio, qualcosa di prezioso!”.
“Ma io… non ho nulla da darti”.
“Allora vattene a casa tua!”.
“NO! Aspetti! La prego… dobbiamo salvare la mia principessa! Se non procediamo lei morirà!”.
L’occhio sembrava impassibile alle suppliche di Lucine che, disperata, iniziò a piangere; quando la prima lacrima le percorse il viso e cadde a terra, l’occhio si animò e disse: “Grazie, una lacrima scaturita dall’amore che provi per la tua signora è un dono di grande valore! Ora potete andare!”.
La creatura scomparì in un bagliore accecante che costrinse la bambina a coprirsi gli occhi; quando riuscì nuovamente a vedere, si accorse che il suo sire era in piedi affianco a lei, con le ferite rimarginate ed armatura ed armi completamente riparate e più resistenti che mai.
Lucine corse verso di lui e gli gridò di svegliarsi, scuotendolo con tutta la sua giovane forza; allora lui si riprese e, sorpreso, si osservò le ferite rimarginate e le vestigia riparate.
Stupefatto chiese alla bambina cosa fosse successo nel lasso di tempo in cui era stato svenuto e, mentre lei raccontava con tutta l’enfasi del momento, si alzarono in piedi e si rimisero in marcia, sempre più vicini al loro obbiettivo.
Ad un tratto, una decina di gremlins li assalì fuoriuscendo da alcuni anfratti del soffitto, ma, con estrema rapidità e prontezza di riflessi, Lothar li annientò con precisi fendenti delle sue asce, che ora erano più affilate che mai; anche la bambina rimase sorpresa della forza sovrannaturale che il suo signore dimostrava, immaginando che, oltre a curarlo, l’occhio avesse incrementato la sua abilità con un qualche strano incantesimo.
Lothar si voltò verso Lucine e le disse: “Dobbiamo essere molto vicini! La spada di Aurora ha iniziato ad emanare la sua aura protettiva, segno che deve trovarsi in qualche stanza entro due trecento metri! Avanziamo cautamente!”.
Dopo poco, si trovarono di fronte ad una gigantesca porta in ferro battuto, con, ai quattro lati delle enormi statue in adamantio, raffiguranti minotauri armati con mazze dentate.
Il re si rese immediatamente conto che doveva trattarsi di una trappola e decise di attendere un attimo prima di entrare, per esaminare la situazione: probabilmente ci doveva essere un qualche genere di trappola che forse avrebbe potuto causargli grossi problemi.


Aurora iniziava lentamente a recuperare le forze, quindi il mostro le si avvicinò, sollevandola da terra,e iniziò a recitare un incantesimo che aprì una botola nel terreno in cui la gettò (senza tante spiegazioni) assieme alla bambina.
Dopo aver scivolato su di una parete di pietra liscia come il ghiaccio, le due malcapitate atterrarono su di un pagliericcio posto alla fine del passaggio.
Dopo essersi un attimo riprese, le due si guardarono in torno e rimasero sconvolte da uno spettacolo agghiacciante: erano finite in una grande stanza di marmo bianco, illuminata da torce magiche, dove al centro erano ammassati circa una ventina di cadaveri.
La bambina scoppiò in lacrime dalla paura, mentre Aurora le copri gli occhi e gridò al suo aguzzino: “Chi sono quelle ragazze? Cosa vuoi fare?”, e lui di seguito, “Quelle, mia cara, sono le vittime che ho ucciso torturandole con il solletico, dopo averle fatto ingerire la mia pozione! Sappi che nonostante siano morte, la loro anima è ancora viva dentro di me e se io venissi ucciso loro potrebbero resuscitare!”.
“Maledetto…”
“Ma non è tutto…”; una spada scivolò giù per la botola e cadde a fianco della principessa; “Guarda bene Aurora… non noti nulla di strano? Eh, eh, eh…”.
Con orrore delle due prigioniere, i cadaveri iniziarono a muoversi, come burattini manovrati da fili invisibili.
“Cosa gli hai fatto bastardo!”, gridò con disprezzo la principessa.
“Ora non sono altro che una specie di bambole sotto il mio controllo, ed ora vi prenderanno e vi solleticheranno fino alla morte! Proprio come è successo a loro! Cosa ne pensi?”.
“INFAME! Ti DISPREZZO!”.
“Non sai che dispiacere che mi dai… al tuo fianco hai una spada! Se vuoi puoi ucciderle definitivamente così non potranno solleticarvi, ma ne avrai il coraggio? Avrai la forza di uccidere delle ragazze e bambine innocenti? Sono proprio curioso”.
Se succubi si avvicinavano sempre di più e mentre la bambina si nascondevano dietro Aurora, lei pensava a cosa fare per salvarsi da quella situazione.
“Perché non apprezzi quello che ho fatto per vuoi?! Morirete felici… col sorriso!”.
“MALEDETTO!!”.
“Su, non dire così. Vedrai come ti piacerà! Ma ti avverto, grazie alla pozione che ti ho fatto ingerire, e come te, alla piccola, impiegherete diversi giorni prima che la vostra mente impazzisca e le forze vi abbandonino. Ah, ha, ha, ha! Godetevi la vacanza! ADDIO!”.
E si azzittì per poi fuggire vie per una galleria segreta secondaria...
Non potendo combattere contro delle ragazze innocenti, la ragazza prese in braccio la bambina e cominciò a fuggire da una parte all’altra della gigantesca stanza per tentare di sfuggire alle inseguitrici, ma alla fine, una succube riuscì ad afferrarle una caviglia e la fece cadere.
Appena a terra, una moltitudine di mani frementi la bloccarono ed iniziarono la loro opera: i fianchi e le ascelle furono i primi punti a essere raggiunti e solleticati, seguiti a breve dai piedi.
Aurora tentò di liberarsi, ma erano troppe le mani a tenerla a terra e quando ebbe inizio la tortura, la pozione che il mostro le aveva fatto bere fece il resto, togliendogli ogni energia e amplificando al massimo la sensibilità del suo corpo a quelle terribili carezze.
Mentre rideva, col viso bagnato dalle lacrime, tentava di rimanere cosciente e con la mente lucida ma tutte quelle mani che la toccavano e quel solletico fantastico cominciavano ad eccitarla e confonderla.
La bambina non era certo in una situazione migliore…
Anche lei era stata immobilizzata a terra, con una certa facilità, e spogliata del tutto, quindi, alcune torturatrici erano andate a raccogliere dei ciuffetti di paglia ed erano rapidamente tornate sui loro passi per potersi divertire.
Una le chiese maliziosamente: “Sei proprio carina sai? Sei sensibile qui?”, quindi aveva iniziato a stuzzicarle un fianco facendola sobbalzare ogni qual volta le pagliuzze la punzecchiavano per poi procurarle un solletico insopportabile.

Proprio quando tutto sembrava perduto, si udì chiaramente una voce maschile recitare un incantesimo e in un attimo, la porta esplose come fatta di vetro permettendo così al Re di entrare nella stanza privata del demone. Nello stesso istante anche il potere che animava i corpi delle ragazze si spezzò e queste caddero a terra prive di vita. Aurora prese la bimba in lacrime e con l’aiuto del suo amato riuscirono ad uscire e tornare di corsa all’ingresso, dove i soldati di guardia portavano ancora via i feriti e le donne rapite. Lei gli spiegò tutto ciò che era accaduto e su come quel maledetto essere doveva essere fermato, ma il cavaliere del regno gli disse che in quel momento e in quella circostanza non sarebbe stato affatto prudente dato l’eccezionale numero di nemici ancora presenti nelle varie gallerie. Tutti fuggirono e tornato al mondo reale la porta dimensionale fu sigillata dai chierici di corte così da essere sicuri di non ricevere altre sgraditissime visite notturne (naturalmente fino a quando i sigilli sulle pareti del castello fossero rimasti intatti).



Continued... :grouphug:
 
Ciao!
Leggo solo ora e devo dire che mi è piaciuto moltissimo!
Adoro le storie popolate da esseri sovrannaturali che torturano splendide fanciulle con il solletico e provocando loro estasianti orgasmi forzati...
Come mai non c'è il seguito?
O puoi almeno dirmi il sito dove l'hai preso? Non ho problemi con l'inglese e sarei felice di leggere altri racconti del genere.
Spero che mi risponderai e nel frattempo ti saluto.
Paolo
 
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4/19/2024
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