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Giselle

luc

TMF Poster
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Oct 31, 2005
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Ti ricordi André quando abitavamo a Parigi? Era l’ultimo anno di lettere alla Sorbonne ma tu avresti terminato il Master qualche mese prima di me, mi dicesti entusiasta, sorridendo così da gonfiare le gote paffutelle leggermente arrossate dalla vemenza del momento. Ma non fu così Andrè lo sappiamo entrambi: la tua vita prese altri viali dei Champs Elises e della Rue de Rennes e altre cime di quelle dell’eccitante grattacielo di Montparnasse. La tua passione ti condusse in diverse città del mondo, ma non quello che conosciamo sia io che te. Eppure questa tua predilezione la condivisi ben presto. Ma riuscii a laurearmi con cento dieci e lode mentre tu ora (mi hai appena scritto in un email) sei schiavo del gioco e non quello che prediligevamo noi nella nostra città, ma dell’azzardo e della polvere bianca in un altro paese d’oltre oceano dove il nostro divertimento ha un altro nome. Giselle te la riesci ancora ad immaginare negli attimi che ti restano di lucidità? I suoi capelli rossi, lisci e lunghi che le scendevano lungo la schiena arcuata e il suo vitino sempre nudo d’estate, da ballerina delle Folie Bergere? Ed era tra le più giovani del corpo da ballo.
Al teatro della compagnia sulle Champ Elises ci andammo insieme quella sera d’estate di tre anni fa, perché tu avevi vinto due biglietti a una partita di poker a casa di un amico. Già eri affascinato dal quel cattivo vizio che ti avrebbe fatto piangere e non sorridere. Daltronde diventammo presto maestri nel far ridere le ragazze e la prima testimone fu Giselle. Dopo lo spettacolo tra ballerine in toples che danzavano con eleganza e raffinatezza, solleticate dalle cangianti piume colorate e luccicanti di sudore, ci recammo a bere un bicchire di vino nel caffè accanto al teatro sul viale a quell’ora trafficato come di giorno e animato dalla folla spensierata. Ci sedemmo a un tavolino a chiacchierare con in sottofondo la musica di una fisarmonica che proponeva le note romantiche della Vie en rose. Non appena terminata la canzone vedemmo introdursi nel locale una delle ballerine che avevamo appena ammirato dalla platea del teatro. Me ne accorsi prima io di te, Andrè, e ti diedi una lieve gomitata sul fianco tanto da farti sussultare come se ti avessi fatto del solletico.
‘’Philippe! Che fai?!’’
Non sapevo ancora che lo soffrissi. Come potrebbe un ragazzone come te alto uno e novanta, sì certo anche molto bello e più di me, con quei capelli biondi, gli occhi grigi e i tuoi lineamenti del viso raffinati e soprattutto le tue mani dalle dita lunghe e affusolate? Insomma un mignon come diciamo noi francesi. Eppure fu la tua rovina scoprirlo e non fui io ha farlo, nonostante quel mio tocco leggero e innocuo di quella sera, ma qualcuno dei tuoi cari, anni prima quando ancora eri al liceo...
I tuoi occhi fulgidi si spostarono verso Giselle ma la sorpresa rimase. Lei indossava una maglietta bianca senza manica con una piuma di cristallini luccicanti disegnata tra i seni minuti dai capezzoli ben in vista. Il suo nasino leggermente all’insù sembrava odorasse gli effluvi corporei di quella serata afosa misti al tabacco dolce delle sigarette. Il suo sguardo era nervoso, attento a tutte le sensazioni visive come daltronde anche il suo corpo: sotto le braccia s’intravedevano due leggeri aloni di sudore a forma di mezza luna. Anche lei, Andrè, ti notò subito dopo essersi seduta accanto a noi, appositamente, penso. Ci volle poco prima che tutti e tre sedessimo intorno allo stesso tavolino davanti a due bicchieri di vino e uno, quello di Giselle, di Pastis. Lei era in mezzo a pochi centimteri di distanza e mentre ci raccontava la sua esperienza di ballerina, interrompendo spesso le frasi con risatine isteriche, tu fosti il primo a sfiorala con la mano sinistra dietro la schiena. Giselle fece uno sbalzo che però controllò subito e ti lanciò uno sguardo misto di sorpresa, rabbia e appagamento; poi seguì un sorriso compiacente e proseguì il suo racconto ormai sensa senso. Non l’ascoltavamo nessuno dei due ed era solo parte del frastuono presente in quel caffè. Seguendo il tuo esempio Andrè, come facevo sempre all’univesrità, allungai anch’io la mia mano al fianco destro di Giselle e cominciai a sfiorarle la maglietta creando dei circoli con due dita l’indice e il medio. Lei scosse leggermente quella parte del torso ma non poteva smettere di parlare con te Andrè e quindi non si voltò. Ne profittai per far salire lentamente le due dita in alto, fin all’altezza del seno sinistro, dove lei si mosse ancora più vistosamente come se lo soffrisse di più. In quel momento tra le melodie isteriche della fisarmonica, il mormorio dei clienti e l’odore penetrante di sudore da ansia, noi due Andrè, stavamo facendo per un’altra volta insieme il chatouille a una ragazza. Giselle in quel pendente si torceva da una parte e dall’altra, cercando di proseguire il proprio discorso, sotto il tocco delle nostre mani, interrotto quasi a ogni frase da stridolini e attacchi di riso. Tanto da attirare l’attenzione dei vicini, involontariamente attratti e coinvolti, e conseguentemente anche la nostra forzata uscita dal locale. Ma fu proprizia per noi André, vero? La tua mansarda era ad appena dieci minuti dai Champs Elises...
Durante il nostro cammino verso Rue La Boetie e per le stradine notturne di Parigi, stuzzicando Giselle a cui non dispiaceva anzi sembrava eccitarsi a vedere dal colore roseo delle sue guance smilze, mi ritornarono in mente, Andrè, quelle storie che mi raccontasti dopo una lezione di letteratura erotica, Lady Chatterley's Lover, sulla tua situazione famigliare. Mi avevi spiegato che spesso trascorrevi le vacanze estive nella tenuta dei tuoi zii sulla Cotè d’Azur. C’era anche la tua cuginetta, brunetta molto carina mi dicevi, che però aveva una fissa. Sì, così la definisti quel giorno tu quando io ancora non sapevo della tua passione del solletico. Infatti Anne, mi sembra si chiamasse così, godeva a farti il chaotuille dopo averti legato a un alberello. Mi dicesti che fino alla prima volta che era avvenuta la tortura, tu non t’immaginavi di soffrire così talmente il solletico. La cuginetta sadica ti aveva per giorni e giorni solletticato dai piedi alle ascelle, ricattandoti di riferire ai suoi genitori che la notte in camera tu giocavi alle scomesse sui siti in rete e sniffavi cocaina. Allora nei giorni seguenti, prima di diventare tuo segugio in questa passione, riflettendo, io compresi che fare il chatouille alle ragazze era per te una rivalsa su quello che ti aveva fatto anni prima la crudele Anne. Infatti ormai da molti anni non la vedevi più la cuginetta e neanche la tenuta al mare. Però mi fu subito chiaro, Andrè, che il trauma lo avevi ormai subito e l’unica terapia che avrebbe funzionato per guarirti era quello di fare (alle tante Anne che vivevano in Francia) la stessa cosa che lei aveva fatto a te. Ecco Giselle per te non era altro che un’altra Anne e non importava che facesse parte del corpo da ballo delle Folie Bergere. E chi sà se anche Anne, un giorno, sarebbe finita sotto le tue dita eleganti?
Così Andrè non potrai scordare quando entrammo tutti e tre ridendo nella tua mansarda all’ultimo piano della palazzina di Rue de La Boetie. La porta l’apristi tu con le chiavi. C’introducemmo uno a uno nel piccolo anticamera e poi nell’unica stanza del monolocale che aveva una finestra con un balconcino che dava sul viale e sui tetti neri in stile classico della città del neo classicismo. L’interno non era arredato quasi per nulla, tranne un letto con spalliera di ferro, un divano beige macchiato qua e là di caffè. Chi sa che collegamento fece la mia mente con quel mobilio? Ma lo venni a sapere poco dopo...
Giselle si era tolta la giacchetta rossa estiva e si era sistemata sul divano a sorseggiare un bicchierino di liquore che le avevi servito tu, Andrè. Io mi ero messo ad ammirarla da un lato della stanza, difronte alla finestra che mi era alle spalle. Lei mi diceva, mentre tu rientravi nella camera, che le nostre carezzze di poco prima le erano piaciute molto, una specie di grattini che le faceva suo padre quando era piccola. Allora, non so se ti ricordi così precisamente Andrè, io le spiegai che in verità non erano i grattini ma il chatouille. Giselle mi fissò stupefatta con il suo nasino all’insù, ma secondo me mentiva, conoscendo bene la differenza tra gli uni e l’altro. Tu Andrè, dopo esserti seduto accanto a lei le dicesti: ‘’ Giselle vorresti provare la differenza?!’’
‘’Uhm... perché no...’’ rispose lei, scuotendo leggermente i capelli rossi.
‘’Vorresti fare con noi una seduta di solletico?!
Seguì un attimo di silenzio in quella camera, mentre fuori in lontananza si udiva il traffico della notte parigina.
‘’Oui...porquoi pas?’’ rispose Giselle con un sorriso timido sulle labbra.
‘’Phillipe!’’ mi dicesti tu facendomi un segno diretto al letto. ‘’ Prendi la scatola che c’è lì sotto...’’
E io, come a tutti i tuoi comandi Andrè, mi alzai dal divano e andati a prelevare il contenitore dove al suo interno e come tu sapevi, c’erano dei fogliettini di carta, una tazza, una piuma di gabbiano e due foulard a pallini rosa. Te la portai dov’eri seduto, accando a Giselle.
‘’ Ora ascoltami Giselle...’’ dicesti tu tirando fuori uno alla volta gli oggetti suddetti. ‘’ Ora facciamo un gioco...’’
‘’Ah sì?’’ esclamò lei con un sorriso ancora rilassato. ‘’ Che tipo?’’
‘’In inglese si chiama tickle challenge.’’ chiarii, rimettendomi a sedere accando a Giselle.
‘’Ah... cominciamo allora!’’ esclamò lei entusiasta.
Tu Andrè, se hai ancora la mente lucida, ti ricorderai che preparasti tutti i fogliettini e l’infilasti nella tazza grigia. Caricasti il cronometro sul cellulare e poi piazzasti il recipiente sotto gli occhi fulgidi di Giselle.
‘’ Scegline uno!’’ ordinai io.
Giselle dopo aver girato le dita nella tazza ne tirò fuori uno, lo aprì e lo lesse: ‘’ Tre minuti... aisselles... plume...’’
‘’Bene...’’ dicesti tu Andrè prendendo in mano la piuma di gabbiano grigia di dieci centimetri circa. ‘’Ora Giselle... alza le braccia, con le mani dietro la nuca...’’
Giselle incantata dall’atmosfera tesissima che regnava in quei tre minuti, seguì i tuoi ordini Andrè.
Le braccia in quella posizione erano proprio quelle tipiche di una ballerina, longilinee, magre senza ombra di muscolo e sotto le ascelle lisce uno strato lucido di umidità che emanava un profumo misto di deodorante e sudore femminile penetrante ma gradevole anche alle mie narici. Io infatti André, non te ne avevo mai parlato della mia passione per le ascelle femminili. Sì, starei lì a guardarle, toccarle e odorarle per ore.
Ma la tua piuma caro amico cominciò a sfiorare il polso di Giselle, che emise un mugolio e si storse leggermente: ‘’ Hii... mi fa il ...chattouille...’’ balbettò con la sua vocina. La punta scese lentamente all’avambraccio soffermandosi all’interno del gomito, dove Giselle esclamò: ‘’ Non... lo soffro... lì ... se terrible!’’ Infine la piuma grigia entrò nell'ascella e Giselle emise un urlo: ‘’ Les aisselles ... non s’il vou plait‘’ Ma la tua mano Andrè faceva andare su e giù a destra e a sinistra, quella che era stata parte di un gabbiano. Giselle alzava la testa e chiudeva gli occhi, rideva, tratteneva il fiato, si dimenava come poteva ma soprattutto, Andrè, ebbi l’impressione che provava un immenso piacere!

Sai Andrè chi è qui con me mentre ti scrivo al computer? Non te lo immagini ma la tua cara cuginetta... sì proprio lei, Anne! E’ cresciuta però ed è più sexy ora. Te lo avevo sempre detto che da segugio e soprattutto amico ti avrei aiutato nei momenti di difficoltà? E purtroppo sono arrivati! E la causa è solo lei, Andrè.
Ora Anne è legata mani e piedi sul mio letto, qui a pochi centimetri da me.
Vero Anne? Che dici? Aspetta che ti tolgo la benda dalla bocca così potrai dire qualche cosa al tuo caro cugino d’America.
’’Uhff... lasciami andare, ti prego!’’
Andrè mi chiede di liberarla... che devo fare?
No?! Lo so che mi avresti risposto così. Gliela dobbiamo far pagare alla sadica cuginetta.
‘’ No... Philippe... il solletico non lo sopporto... ti prego!’’
Un altro pochino Anne, finché non confessi quello che hai combinato al mio caro amico.
La piuma la passiamo sotto le ascelline, eh? un po’ sudate... come mi piacciono... e senti che profumo di ansia....
‘’Ahhhh ahahaha ... fermati... le ascelle no...’’
Allora confessa, Anne!
‘’Va bene...’’
Prendi fiato Anne, altrimenti passo all’ombelico.
‘’No, no... ascolta Philippe.. chiedo scusa ad André... scriviglielo’’
Sono qui dietro la tastiera, dimmi Anne.
‘’Sono stata io a riferire ai suoi genitori... i miei zii, del suo vizio del gioco e della cocaina..’’
Ah... hai visto Andrè cosa ha detto Anne? Te l’ho scritto lettera per lettera... Ma continua Anne!
‘’Andrè mi è sempre piaciuto da morire.. quando lo torturavo col solletico mi eccitavo tantissimo...’’
Me lo potevo immaginare. E allora perché lo hai tradito con tanta bassezza se ne eri innamorata? Facendolo scappare in America?
‘’Non ci sarebbero state speranze per me... le nostre famiglie non avrebbero accettato un nostro rapporto... tra cugini.. e poi...’’
E poi, Anne?
‘’Lui non era innamorato... mi ha sempre rifiutato anche per una questione di etica... quella volta che volevo fare all’amore con lui...’’
Senti André? Anne ti ha rovinato la vita per vendetta. Ti sembra una scusa accettabile? Per com’è finita per te caro amico mio, la risposta gliela do’ io alla cuginetta...
‘’Eh? Che risposta, Philippe?’’
No! Questa è la nostra risposta Anne. Vero Andrè?
‘’E ora? Lasciami andare, slegami...’’
Ah, ah, ah... adesso comincia veramente, Anne, la tua punizione.
Guarda un po’... è appena arrivata la risposta di Andrè. Che dice?! Ah sì...
‘’Allora leggila, Philippe?’’
Vediamo... uhm... sì...
‘’Sì che, Philippe?’’
Andrè scive che tornerà a Parigi col primo aereo disponibile da Las Vegas...
‘’Be’.. è una buona notizia, vero? Ora puoi slegarmi!’’
Aspetta Anne... scrive... intanto posso cominciare a farti il chattouille!
‘’No! Il chattouille no... Andrè non mi ha perdonata allora...’’
Mi chiede anche di non liberarti quando avrò finito di torturarti... e di tenerti prigionera qui in casa mia.
‘’Eh? E perché?’’
Indovina, Anne?
‘’Non ci credo...’’
Invece sì Anne... Andrè si vuole vendicare personalmente una volta per tutte quelle che lo hai legato all’albero facendolo morire di chattouille.
Anne comincia a piangere, mentre io mi avvicino ai suoi piedi con la piuma in una mano.
 
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Giselle (seconda parte)

‘Si pregano i signori viaggiatori di allacciarsi le cinture… tra non meno di venti minuti atterreremo all’aeroporto di Charles de Gaulle. Ci scusiamo per il ritardo.’ annuncia la Hostess al microfono.
Sempre la stessa lagna. Ho fretta. Che si sbrighino i piloti, altrimenti mi alzo da questo sedile e vado in bagno. Va be’ ho capito, che vadano in malora… mica sono decollato da Las Vegas per sentirmi male, eh? Anzi, ho deciso di partire perché Philippe mi ha invitato dalla chat del suo computer. Un vero amico! Me lo ha dimostrato rapendo Anne per una settimana intera. Per me sì, lo ha fatto per il suo caro amico, rischiando grosso. Sequestro di persona è un reato grave in Francia. Chi se lo sarebbe mai immaginato che ai giorni d’oggi esistesse ancora il senso dell’amicizia? Va be’, siamo stati compagni di studi alla Sorbone, ma non è una garanzia. Parigi ha influito di molto a consolidare il nostro rapporto e poi non posso dimenticare il solletico e intendo la pratica feticista, le nostre esperienze nella città, con le ragazze come Giselle. Se non fosse stato Philippe a spingermi a mettere in atto sulle ragazze più belle della città il chattouille, non mi sarei mai più ripreso. Certo è pure vero che non ho smesso di sniffare coca, ma almeno ora riesco a controllare questo mio vizio. Be’ sempre che qualcuno non mi metta i bastoni tra le ruote o meglio in questo caso la compagnia aerea americana con i suoi ritardi. Appunto, vado alla toilette. Non posso resistere. Sì, come quando la mia cuginetta muoveva le sue dita lunghe e affusolate sotto la mia maglietta facendole correre sulla mia pelle senza fermarsi e io ridevo come un pazzo cercando di liberarmi dai nodi solidi che mi tenevano legato all’alberello di limone nel giardino profumato della villa dei miei zii, sulla Cote Azzurre.
Mi slaccio la cintura e m’incammino per il corridoio tra le due file di sedili, verso il bagno.
‘ Signor Andrè! Ritorni al suo posto… stiamo atterrando…’
‘Mi scappa la pipì… vuole che la faccio qui?!’ rispondo alla bionda Hostess, con cui ho parlato a lungo durante il volo e a cui in questo momento, volentieri, vorrei far conoscere il mio talento di saper far ridere le donne. E’ magra, con le braccia nude dalla pelle appena abbronzata che sfiorerei lentamente con una piuma d’oca. Dal suo sguardo severo quanto nevrotico, intuisco che lo soffre ma non lo ammetterebbe mai, per difesa, cercando di evitarlo, provando così a dissuadermi. Ma questi trucchi ormai li conosco come le miei tasche, grazie a Philippe: riusciva a leggere negli occhi delle nostre vittime l’ansia poco prima di toccarle o appena solo dopo aver detto: chattouille!

Entro nella toilette e chiudo la porta dietro le miei spalle. Il rumore rimbombante dell’aereo è più intenso. Dal taschino interno della giacca tiro fuori la bustina con la polvere bianca e la cannuccia… dopo la prima sniffata veloce rivedo Anne sulla Cote d’Azzurre, in topless a prendere il sole sulla sdraio ai bordi della piscina dei suoi genitori. I piedini eleganti, minuti con le unghie laccate di celeste; il vitino sottile dalla pelle arrossata, con l’ombelico decorato da un piercing luccicante; i seni graziosi dai capezzoli irti e l’aureola rosa; il viso dai lineamenti marcati, il naso leggermente aquilino e quei suoi occhi da imperatrice dallo sguardo un po’ sadico. Sua madre spesso le ricomponeva la treccia di quei suoi capelli lunghi e mori, come li aveva Cleopatra.
Mia zia è ancora una bella donna bionda e in costume da bagno le attribuirei la stessa età della figlia. Certo un po’ di grasso qua e là, ma per il resto è attraente. Zia Sylvie! La chiamavo sin da quando ero bambino, essendo lei la sorella di mio padre. Mi difendeva sempre quando papà mi sgridava per qualsiasi ragione gli passasse per la testa. ‘ Non lo trattare così… lo sai che Andrè è molto sensibile… gli manca la sua mamma…’ gli diceva Sylvie cercando di calmarlo nelle sue sfuriate, ricordandogli della precoce scomparsa della moglie. Ma fino a quando mi avrebbe difeso?
Anne, quando era seduta sul divano nel soggiorno della villa accanto alla madre, si divertiva a farle il solletico, così all’improvviso: le infilava le dita di entrambe le mani sotto le ascelle, proprio mentre Sylvie si stava per ricomporre i capelli biondi e la faceva sobbalzare, dimenandosi a destra e a sinistra, ridendo a crepapelle. Sylvie lo soffriva come me il solletico. Non può che essere ereditario il chatouille. Abbiamo lo stesso sistema nervoso io e mia zia. Mi chiedevo però il perché Sylvie la lasciasse fare alla figlia. Perché si lasciava torturare così ad ogni occasione. Va be’, che Anne solleticasse me in fin dei conti poteva sembrare a molti una cosa normale, un gioco tra cugini, anche se sapevo bene la ragione del suo rancore: l’amore non corrisposto! Ma la madre?! Zia Sylvie mi aveva spiegato che sua figlia stava vivendo una giovinezza difficile, non solo per causa mia, ma non aveva mai voluto approfondire l’argomento.
‘ Anne non sta bene, purtroppo…’ si limitava a dire mia zia ancora con le lacrime agli occhi per le risa. Altre volte invece Anne, senza pietà, come se si volesse prendersi una rivincita, le legava le caviglie con un foulard e poi, per dieci minuti senza sosta, le solleticava le piante dei piedi con le sue unghie lunghe. Sylvie si dimenava sul divano, impazzendo dalle risate e poi finiva in un pianto silenzioso.
Mio padre è ancora oggi un manager di una grande fabbrica di automobili e, dopo la soffiata di Anne, mi cacciò di casa accusandomi di essere un debosciato, giocatore di azzardo e cocainomane. ‘Finirai al gabbio se continui di quest passo!’ diceva. Fu zia Sylvie (che è sposata con un ricchissimo architetto francese) a pagarmi il biglietto per l’America, dove a Las Vegas il marito aveva un monolocale che non usava mai e che mi sarebbe servito nel mio esilio forzato. Tanto non ci restavo molto tra quelle quattro mura, frequentando invece giorno e notte il casinò della città.
Ora però sto ritornando alla carica, grazie a Philippe, nella mia città natale.
Parigi è ai miei piedi!
Dall’oblò dell’aereo la rivedo tutta intera, in una volta sola, come in una cartolina scattata dall’alto, fino a quando le ruote toccano la pista di atterraggio, facendomi sobbalzare sul sedile.
Prima di scendere dal veicolo, quando i motori rombano, non posso trattenermi nello sfiorare il fianco della Hostess, che mi guarda stupita ma ammaliata.
Al volo di ritorno…vedrai!’ le sussurro a un orecchio prima di passarle accanto, lasciandola senza fiato per rispondere. Ma ne sono proprio sicuro? A Parigi potrebbe succedere di tutto...

Passata la dogana per fortuna senza nessun problema, e ritrovandomi tra i numerosi parenti che aspettano ansiosi l’apparizione del loro passeggero prediletto, mi trovo dinanzi una ragazza dai capelli rossi e lunghi, ondulati fin dietro le spalle nude, esile ed eleganti. Gli occhi azzurri splendono incontrando i miei.
‘ Andrè!’ mi dice con la voce di un adolescente.
‘Giselle?!’
Oui, je suis moi!’ un sorriso dolce le mette in mostra i denti bianchi e le labbra sottili.
‘Fatti abbracciare…’ le rispondo stringendole tra le mie braccia odorando il profumo di Chanel n.5; lo stesso che aveva usato durante le nostre sedute di solletico nella mansarda di Rue de Boetie.
‘Philippe mi ha mandato a prenderti.’
‘Veramente?!’ le chiedo, spingendola delicatamente verso l’uscita della sala degli arrivi. ‘ Da quanto tempo siete insieme?!’
‘Ormai da un anno…’ mi risponde Giselle, guardandomi con aria contrita, incamminandosi davanti a me e mostrandomi il suo corpicino snello ed elegante e sensuale. Non era cambiata per nulla: i seni minuti e nudi sotto un body celeste a fiori rosa, l’ombelico decorato da un piercing dorato come i suoi capelli, le gambe snelle infilate dentro un paio di jeans scoloriti e i piedini minuti che soffrivano tanto il solletico specie tra le dita, dentro dei sandali indiani.
‘Non sono mica geloso, sai?’ ribadisco forse mentendo, ma sapendo anche che io e Philippe condividiamo le nostre ragazze, secondo un vecchio patto dei tempi dell’università, ma solo per quanto riguarda il chattouille.?
‘Uhm non ci credo…’ risponde Giselle, infilandosi per prima nel taxi che è davanti a noi.
La seguo.
Rue de Boetie, s’il voi plait!’ comanda Giselle all’autista: un ragazzo di colore con la barba incolta che non smette di guardare dallo specchietto retrovisore, neanche quando l’automobile si mette in moto.
‘Ti trovi bene nella mansarda, Giselle? Non è un po’ piccola per due persone?’
‘Tre… al momento, Andrè… te lo sei scordato?’
‘Certo che no… sono qui per questo!’
‘Anne si comporta bene finora… sai.’
‘Uhm… cambierà presto, vedrai.’
‘Noi non l’abbiamo toccata finora… la trattiamo come un ospite.’ mi dice Giselle lanciandomi uno sguardo malizioso, alzando le braccia dietro la testa per stiracchiarsi e mostrando sia a me che all’autista le sue ascelle lisce dalla pelle rosa e delicata.
Con le dita della mani sinistra le sfioro il fianco destro e lentamente comincio a salire, facendola scuotere ma senza abbassare le braccia. Giselle sta al gioco. dico tra me, raggiungendo con le dita l’incavo dell’ascella e facendola sorridere, mentre l’autista è costretto a frenare di colpo, facendoci sballottare in avanti a tutte e due.
Vous etè con!!’ grida con rabbia il tassista verso un motociclista che a sua volta gli mostra il dito medio.
‘Che impressione ti ha fatto la mia cuginetta?’
‘Uhm… un caratterino, allegra e sadica, ma c’è qualche cosa che non funziona in lei…’
‘Ah sì… spiegati meglio Giselle.’
‘Ho l’impressione che sia malata…’
‘Eh? E perché lo pensi?’
‘Prende delle pillole tre volte al giorno…’
‘Che tipo di medicine?’
‘Non lo sappiamo Andrè…le conserva in un portapillole senza indicazioni.’
‘Uhm… sua madre me lo ha suggerito tempo fa…’
‘Vedrai che non sarà nulla di grave…?’
‘Uhm…saprà resistere al mio solletico?’ dico sorridendo.
‘ Penso di sì, anche se non sono un medico… e poi io e Philippe non ti lasceremo da solo… siamo i tuoi complici.’ mi spiega Giselle.
‘Tu balli ancora alle Folie Bergere?’
‘Sì, altrimenti non ce la faremo io e Philippe a sopravvivere.’
‘Certo, lo immagino.’
‘Siamo arrivati!’ mi avverte Giselle, mentre tira fuori dalla borsetta una banconota e la porge all’autista.
Merci madame!’
Noi due scendiamo dal taxi che riparte subito, lasciandoci sul marciapiede di Rue de Boetie, sotto il portone della mansarda.

Sull’uscio della porta incontro Philippe, giovane aitante come sempre, anche grazie ai suoi capelli brizzolati nonostante l’età. Abbiamo insieme quarantacinque anni.
’ Andrè… amico mio!’ dice lui, allargando le braccia per accogliermi in una stretta amicale.
‘Philippe… che piacere rivederti.’
‘Entra André che ho una sorpresa per te… vero Giselle?!’ aggiunge lui, facendo segno a noi due ancora fermi sul pianerottolo, di introdursi nell’appartamento.
Nella camera più grande, dove noi due amici solleticavamo Giselle per ore, è sistemata una gogna di legno. Su di essa è legata, polsi e caviglie, Anne. Bendata. Con le gambe e le braccia divaricate. E’nuda, tranne lo slip bianco a triangolo che fa intravedere una leggera peluria scura del pube. Le ascelle aperte ma ben depilate luccicano di sudore e l’odore penetrante raggiunge le miei narici. Lo conosco ormai da tempo, quando nel caldo secco della Cote d’Azzurre, la mia cuginetta si divertiva a torturarmi con il solletico per ore di seguito. Mi ricordo tutto di quei momenti tremendi, compreso l’effluvio di cipolla rosolata proveniente dalle sue ascelle, che non era lo Chanel n.5 di Giselle.
‘Chi siete?’ domanda Anne, non potendo vedere nessuno ma sapendo solo che Philippe e Giselle sono i suoi sequestratori.
‘Indovina chi ti ho portato Anne?’ risponde Philippe con spavalderia, avvicinandosi a lei e soffiando in un orecchio così da farle muovere la testa.
‘Chi? Philippe dimmelo dai…’ supplica Anne.
‘Dai Anne che lo intuisci, vero?’ aggiunge Giselle, sfiorandole con due dita l’ascella di sinistra.
‘No… non lo fare ancora, ti prego Giselle…’ risponde Anne con voce tremolante.
Mi avvicino ai suoi piedini nudi e fermi nel legno della gogna e le sfioro con due dita la pianta del piede destro.
‘No… lì no… ahahahahah’ comincia a ridere Anne.
‘Non riconosci il tocco delle sue dita, Anne? Io me lo saprei ricordare tra tanti, sai…’’ le chiede Giselle, sforandole l’altra ascella e facendola scuotere.
Ma Anne è legata e lo ha ormai capito. ‘Andrè?! Sei tu… mio cugino… è vero?’
Le sfioro la pianta dell’altro piede e lei si scuote, facendo riecheggiare i fermi della gogna.
‘Sì, Anne sono proprio io, il tuo cuginetto di Las Vegas…
‘Ah, meno male … allora liberami dai… questi sono due pazzi…’ supplica Anne.
‘No, ma che dici cuginetta… non sono venuto dall'America per liberarti… anzi.’ Le rispondo salendo lentamente con le miei dita dal dorso del piede sinistro, su per la caviglia, il ginocchio, la coscia e soffermandomi tra le gambe divaricate, solleticandole l’inguine .
‘No… ti prego… mmm… dai André slegami… ti prego.’
‘Sono venuto a dare manforte ai miei amici… vero Philippe e Giselle?!’
‘Ma perché fai così Andrè, dimmi?!’
‘Dai Anne che lo sai benissimo… l’alberello di limone non ti dice nulla?’
‘Hai ragione André… ti torturavo perché ti amavo…’
‘Tra cugini non si può, Anne.’
‘Vero, l’ho capito… ma ora perdonami Andrè… !’
‘Uhm… forse, dopo...’
‘No… il solletico… ti prego, non nelle miei condizioni…!’
Ma ormai Philippe si è sistemato ai piedi della nostra vittima e con le dita le fa il solletico alle piante dei piedi. Mentre io e Giselle (lei da una parte e io dall’altra) ci dedichiamo alle ascelle.
‘Ahahaha… smettetela s'il vous plait… ahhaha…’
‘Abbiamo appena cominciato cara cuginetta…’
Anne cerca di liberarsi dalle catene del chatouille, dimenandosi, scuotendo il suo corpo esile e ridendo a crepapelle. Il viso madido di sudore come il resto del suo corpo, arrossisce mentre gli occhi fissano il soffitto…
Ma poi, d’improvviso, la tortura finisce in un attimo.
Anne è svenuta.
‘André… respira?’ mi chiede Philippe in panico.
‘Sì Phillippe….’ gli rispondo dopo averle ascoltato i battiti del polso.
‘Bisogna chiamare un medico in fretta…’ aggiunge Giselle indicando con la mano il suo cellulare posato sul divano.
‘Pronto… un autoambulanza a Rue de Boetie!

Anne è salva per un pelo ed è ricoverata in ospedale.
I suoi genitori e mio padre (insieme e di comune accordo) hanno esposto denuncia; anche zia Sylvie questa volta.
La polizia locale ci ha prelevati ( Philippe e Giselle) dalla mansarda di Rue Boetie.
‘Anne è malata di cuore ed era in attesa di un trapianto cardiaco… prima di essere rapita...’ mi comunica il commissario, aggiungendo con soddisfazione: ‘ Le accuse per te André e i tuoi amici sono molto pesanti… sequestro di persona, possesso di stupefacenti e chi sa cos’altro ancora...’
‘Nooo!’ urlo disperatamente, accorgendomi che Giselle e Philippe vengono portati via in manette a bordo di una macchina della Gendarmerie.
 
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