PER CHI NON L AVESSE MAI LETTA ECCO LA STORIA INTITOLATA.
FRANCESCHINA E LA PROFESSORESSA
"Questa volta non te la farò passare liscia! Pagherai per te e per i tuoi compagni, per la tua e per la loro indisponenza!" Francesca cominciò a piangere come una bambina. La Professoressa aggiunse: "Sai che per una cosa del genere il preside non ci penserà due volte ad espellerti?" Francesca, singhiozzando, tra le lacrime, rispose: "La prego, Professoressa. Non lo dica al preside... La prego... la prego. Cosa dirò alla mamma?" "Dovevi pensarci prima. Stasera ho l'ora di ricevimento alla 7, raggiungimi qui, in sala professori, che ti comunicherò che cosa ho deciso. Ora torna dai tuoi compagni, vai." Francesca ritornò in classe, non prima di essersi asciugata le lacrime ed aver preparato una storia credibile per giustificare il suo insuccesso. Arrivate le 7 di sera, Franceschina, che non era mai stata così puntuale in vita sua, entrò in sala professori, una seconda volta quel giorno ma con intenzioni e con un animo ben diversi. "Buona sera Professoressa" "Siediti." fu la risposta fredda che ricevette. "Ci ho pensato, e credo che non lo dirò al preside." Francesca con entusiamo: "Grazie, grazie, non so come ringraziarla..." "Frena il tuo entusiasmo." rispose "Se vuoi che dimentichi questa storia, dovrai farmi un favore, un piacere..." Francesca ribattè con sicurezza: "Qualunque cosa, mi dica." A questo punto la Professoressa era disorientata. Sentiva un imbarazzo terribile che le saliva dallo stomaco fino ad arrivare alla testa, trasformandosi in un rossore che, sperava con tutte le forze, Francesca non avrebbe avvertito. "Beh." provò a dire, fermandosi per riprendere fiato. Le mancavano le forze per poter continuare. Francesca si sorprese di vedere la sua Insegnante in difficoltà. La Professoressa per darsi forza ripensò alle scarpe da ginnastica rosa ed ai calzini bianchi che quella stessa mattina aveva ammirato sotto al banco di Franceschina e, una volta tanto nella sua vita, decise di essere sincera con se stessa: "Voglio farti il solletico, Francesca. Beh, voglio farti il solletico ai piedi con una piuma." Francesca rimase allibita, assolutamente immobile in una espressione del viso che tradiva il suo imbarazzo e il suo totale disorientamento. Cominciò a pensare che forse le sue orecchie l'avevano ingannata. "Che cosa mi sta chiedendo?" pensò. "E' pazza". Nella sua testolina di diciassettenne non poteva immaginare che esistesse al mondo un feticismo del solletico ai piedi e soprattutto che una persona di quel tipo, una Professoressa, una donna matura, una adulta, potesse rivolgerle una richiesta del genere. "Se accetti la mia proposta, dovrò legarti da qualche parte per potertelo fare, per esempio al lettino della infermeria della scuola. Non preoccuparti non voglio farti del male." In cuor suo, la Professoressa aveva, quasi inconsciamente, immaginato tutta la scena: la piccolina legata al lettino a pancia sotto, l'emozione incontenibile di sfilarle prima le scarpe da ginnastica rosa e poi i calzini bianchi e la delizia immensa di farla soffrire col solletico. Non voleva assolutamente farle del male: nonostante quello che era accaduto, il tentato furto, il peto, lo scarso rendimento, in fondo non le voleva male. Immaginava che coinvolgendola, lei così innocente ed inconsapevole, in giochi così perversi ed insoliti, di torturarla oltre la pietà con il solletico forzato alle piante dei piedi, potesse ripagarla dei "torti" che immaginava Francesca ed i suoi compagni, la scuola, il mondo magari le avessero fatto. Fino a quel momento aveva represso disperatamente le sue tendenze sadiche ed adesso, alla soglia dei 40 anni, riteneva che il mondo, che così tanto l'aveva delusa, le dovesse qualcosa. La povera Franceschina è stata una vittima del caso, si giustificò con se stessa la Professoressa, con una punta di perfido compiacimento. "Devo cogliere questa occasione" pensò la Professoressa. "Andiamo in infermeria" disse a Franceschina, che fino a quel momento non aveva aperto bocca. Francesca la seguì, quasi in trance, ancora scioccata per aver udito una richiesta così assurda. Non osava dire niente. Decise quasi inevitabilmente di sottoporsi al probabile supplizio che la Professoressa le avrebbe riservato poichè non poteva fare altrimenti. "Meglio questo che l'espulsione", pensò. E' opinione del Narratore che forse, a conti fatti, si sbagliava. Arrivati in infermeria, Francesca disse con tono incerto e preoccupato, non sapendo che risposta aspettarsi: "Cosa vuole che faccia?" La Professoressa avvertì un fremito di piacere a quelle quattro parole; ciononostante cercava di mantenere il suo proverbiale contegno formale: non voleva che Francesca si accorgeva che, se lei non l'avesse vista, sarebbe anche svenuta dell'emozione e dal piacere incontenibili. "Mi devo togliere scarpe e calzini?" aggiunse. "No assolutamente!" la Professoressa rispose. Infatti non voleva privarsi del piacere incommensurabile di sfilare lei le scarpe ed i calzini alla poverina, quando ormai era legata ed assicurata al lettino, in una posizione di assoluta vulnerabilità. "No. Togliti la maglietta e lasciati i pantaloni e le scarpe. Mettiti sul lettino a pancia sotto, con i piedi rivolti verso di me." Francesca ubbidì. La Professoressa, velocemente, assicurò con delle cordicelle la poverina al lettino della infermeria. I piedi di Francesca penzolavano ai due lati del lettino, divisi, vulnerabili, mentre le sue braccia erano distese sopra la testa, con i polsi assicurati ai due angoli superiori del letto. La Professoressa si diresse ai piedi del lettino, prese una sedia e si sedette a pochi centimetri dalla scarpe rosa di Francesca. Le guardò estasiata. Era la prima volta che le vedeva così da vicino: non vedeva l'ora di togliergliele ma aspettava, sadicamente e masochisticamente, il fatidico momento. Francesca, sul lettino, in quella posizione di assoluta vulnerabilità, col solo reggiseno a coprirle la parte superiore del corpo, non poteva essere più imbarazzata. La presenza della sua Insegnante così vicino a lei, il fatto che non sapeva minimamente che cosa quella insospettabile viziosa avesse in serbo per lei, quali torture, quali fantasie e quali voglie represse voleva scaricare su di lei, la metteva in un disagio che non poteva essere più intenso. Oltre le poche parole che aveva detto chiedendo cosa doveva fare non aveva più aperto bocca. Aspettava il suo martirio. Non poteva fare altrimenti. La Professoressa sfilò la prima scarpa, quella destra, emozionatissima. Quello che ebbe davanti agli occhi fu uno spettacolo che solo in pochi potevano apprezzare sul serio: osservava questo calzino di cotone bianco, corto, indifeso, che lasciava intravvedere, prima della gamba dei jeans, delle zone di pelle bianchissima, deliziosa, del suo polpaccio. La cordicella che assicurava la caviglia al lettino le dava una impagabile sensazione di vulnerabilità: avrebbe potuto fare a quel piedino tutto ciò che decenni di vergogna le avevano impedito di concretizzare. Era in estasi, paralizzata, eccitata SUL SERIO, la prima volta nella sua vita. Stava concretizzando una fantasia che, inconsciamente, la tormentava e torturava da 40 anni. Sentì il sangue salirle alla testa. Prima di dire qualcosa, riguardò il calzino, il piede e la povera vittima che aveva di fronte e fu colta da uno strano senso di tenerezza. Provava quasi pietà per questa piccola creatura indifesa che stava per torturare così crudelmente. Ebbe un impulso fortissimo di chinarsi e baciare la pianta del piede di Franceschina, coperta dal calzino bianco. Avrebbe voluto dare un bacio tenero, platonico, come si fa con una bambina cattiva che si è punita e fatta piangere e per la quale si prova uno sconfinato senso di tenerezza. Disse: "Ti ricordi quando ridevi in classe questa mattina per quel deficiente di Vito?" Francesca non rispose. Continuò a rimanere in silenzio, in attesa. "Non rispondi, ho capito." poi riprese "Vediamo cosa mi dici adesso..." Allungò il dito indice della mano destra e cominciò a grattare con l'unghia lunga e curata il calzino, nella parte centrale. "ghiri ghiri ghiri ghiri" Francesca sobbalzo disperatamente sul lettino. Non si aspettava una sensazione così insopportabile provenire dai suoi piedi. "ghiri ghiri ghiri Allora, perchè non ridi adesso?" La poverina era disperata. Il suo impulso primario era quello di ridere disperatamente, per scaricare l'effetto devastante del solletico fatto in quella maniera. Cominciò a sudare e a fare scatti nervosi sul lettino, inarcando il piede per far diminuire quella sensazione insopportabile. Però rimanendo in silenzio. "Ghiri ghiri ghiri... Vedo che sai resisterlo bene il solletico ai piedi." Francesca aveva troppa vergogna per ridere, era paralizzata ed ammutolita dalla vergogna. La Professoressa, continuando: "ghiri ghiri ghiri, vedo che questo piedino lo muovi un pò troppo." Detto questo, prese le dita dei piedi della poverina e le tirò verso dietro, tendendo deliziosamente il piede ed il calzino. Cominciò a grattare e solleticare tutta la pianta adesso: tallone, arco, sotto le dita. Franceschina non stava più nella pelle, era disperata. Ruppe il silenzio: "La prego, basta. ahahah" Si lasciò sfuggire, cercando in quel martirio di non ridere: "ahahah, la supplico. Che piacere prova a farmi soffrire così. Mi lasci andare. ahahahahaha Basta!" Detto questo la Professoressa si fermò e con tono deciso la ammonì: "Va bene Francesca, ma sai a cosa vai incontro se rompi il nostro patto..." Francesca non rispose. "Immagino che tu abbia capito. Vediamo adesso cosa c'è sotto questo calzino." disse la sadica, sfilandole il calzino bianco. I piedi di Franceschina erano stupendi, avrebbero fatto la felicità di qualunque sadico solleticatore su questa terra, pensò la Professoressa. Le piante dei piedi erano lisce, prive di calli o imperfezioni. "Adesso ti farò qualcosa che temo non ti piacerà, Francesca. Ma sappi che è qualcosa alla quale desideravo sottoporti
dal primo istante che ti ho vista, all'inizio dell'anno." La Professoressa, prese dalla sua borsa altre 2 cordicelle, più corte delle precedenti. Dopo aver tolto anche l'altra scarpa ed il calzino, legò entrambi gli alluci a degli agganci che spuntavano dal lettino, in modo che entrambe le piante fossero tese. Il piede era rivolto verso il basso, data la posizione a pancia sotto della poverina. Sulle piante non era presente la minima grinzetta o alterazione: la Professoressa aveva fatto un lavoro ineccepibile nel legare e tendere quelle piantine indifese. Estrasse dalla borsa una grossa piuma dalla punta larghissima, dicendo: "Adesso tu ed i tuoi compagni me la pagate, razza di sfaticati. Non hai idea di quante energie sprechi nell'insegnarvi le derivate, gli integrali e tutto ciò che dovevi ma non hai studiato, tu come i tuoi amici. A casa perdo delle ore a correggere i vostri compiti disastrosi. Per colpa della scuola non ho più un rapporto con mio marito." e poi aggiunse con un pizzico di perfidia "Mi dispiace che ci vada tu di mezzo, piccolina." detto questo prese a dire, solleticando le dita del piede di Franceschina, quanto mai indifese: "Facciamo un esperimento scientifico. Mi sono sempre chiesta quanto una ragazzina come te, con dei piedi così lisci e vergini, possa sopportare." e continuò, agitando la piuma con sadica lentezza: "tichi tichi tichi tichi" "aaaaah ahahahah aaaaah Dio mio! Basta!" Francesca rispose, sconvolta. Non si aspettava che il solletico, fatto così, alle dita indifese dei piedi potesse essere così devastante. "ahahahahaha La smetta subito, la supplico." "So che non parli sul serio, Francesca." disse la sadica, non fermandosi un attimo anzi prendendo una seconda piuma per solleticare anche le dita dell'altro piede contemporaneamente. "aaaaaaaaaaaah ahahah noooooooo!" Francesca, a causa del solletico fatto in questa maniera perfida, era perduta in un mondo tutto suo di sofferenza e risate. Cercava disperatamente di ritrarre i piedi. Tutte le sue energie erano concentrate in questa semplice quanto impossibile impresa: divincolarsi era impensabile, la piccolina lo sapeva, ma cionondimeno continuava ad agitarsi e dimenarsi con disperazione sul lettino. "ahahahahahahhhh la prego, basta sulle ditaaaa la prego. faroooo qualunque cosa mi chieda, la smetta" "Ti accontento, Francesca. Adesso prenderò a solleticarti ANCHE il resto della pianta con queste piume" E così fece. Le piante nude dei piedi, non ancora interessate dal solletico duro e sadico come le dita, erano sensibilissime. Per Franceschina fu come morire. "laaaa supplico, ha vintoooo lei, mi liberi. Preferisco affrontare il preside, tutto, l'espulsione, qualunque cosa... ahahahahahahahah" "Piccola mia, so che non parli sul serio. E' la tortura a farti dire cose che non pensi. Il nostro esperimento deve continuare ricordi. Quando mi sarò resa conto che hai superato il limite, solo allora smetterò, FORSE. Adesso cerca di resistere, per amore della scienza, Francesca!" e così dicendo continuò: "ghiri ghiri ghiri ghiri" "ahahahaah noooo ahahahhahha noooo" La piccola aveva capito che ormai il suo solo compito era quello soffrire, di soffrire per il solo piacere della sua sadica aguzzina, per deliziarla con le sue risa ed i suoi lamenti, in cambio della salvezza scolastica. Quindi smise di supplicarla di smettere, e, praticamente esausta, accettò il suo ruolo di piccolo giocattolo nelle mani di un boia perverso. "Ora proviamo con le unghie sotto i piedi. Proverò a farti il solletico a diverse velocità ed in diverse zone. Nell'interesse del nostro esperimento, dimmi quando proprio ti senti morire, quando la combinazione di zona solleticata e modo di solletico è semplicemente insopportabile." "ahahahahhahhah no bastaa ahahahah lì no, lì no, non lo sopporto, non sotto le dita, no" A queste parole la Professoressa sorrise compiaciuta e, per tutta risposta, intensificò il solletico proprio in quella zona. "Lei è una sadica ahahahahah non ce la faccio più a ridere ahahahah mi dia un attimo di pausa ahahahahah" La Professoressa, che evidentemente non amava essere chiamata sadica, con una punta di rivalsa, prese a solleticare quella stessa zona con due mani contemporaneamente: "Chiamami sadica un'altra volta" le disse "e ti faccio il solletico fino a domani mattina, quando arriva il preside. Poi ti faccio rivestire e ti porto in presidenza e ti faccio espellere." Nel dire queste parole la Professoressa avvertì due sensazioni contrastati dentro di lei: un piacere estremo che si manifestava con una strana fitta allo stomaco, realizzando il potere che ormai aveva sul povero cricciolo inerme, e un pizzico di colpa perchè aveva inteso la perfedia ed il sadismo delle sue pretese. "ahahahahahahah nono come vuole ahahahah" rispose Francesca. Passarono due ore così, due ore di inferno per Francesca, due ore di paradiso per la Professoressa che, per assicurarsi che la sua piccola vittima soffrisse quanto più possibile, di tanto in tanto abbandonava i piedi per concentrarsi per qualche tempo sui fianchi e sulle ascelle ma poi, inevitabilmente, tornava lì, dove proprio Francesca il solletico non lo sopportava, alle piante ed alle dita dei piedi! La piccolina era stremata, ormai aveva a mala pena la forza per ridere. Aveva smesso da tempo di supplicare e chiedere pietà alla sua torturatrice. Il suo potere, il suo bieco ricatto non lasciavano spazio ad alcuna trattativa. I suoi fianchi erano doloranti per il troppo ridere. Il viso era imperlato di sudore e rigato dalle lacrime. Era veramente sull'orlo della pazzia: a volte, tra le risate, la sua vista si annebbiava e sentiva che stava quasi per svenire. In certi momenti, quelli di più acuta sofferenza, quasi se lo augurava, magari così la sua aguzzina si sarebbe spaventata per la sua incolumità ed avrebbe smesso quel terribile martirio. "ahahahahah no ahahahaha non lo sopporto più non lo sopporto più non lo sopporto più" "Ti credo questa volta, Francesca. Credo che quel limite che ci eravamo dette l'abbiamo toccato e forse anche superato. Ho deciso che per oggi può bastare..." Francesca, che il solletico aveva completamente devastato psicologicamente, ci mise qualche secondo ad intendere il significato di quelle parole: "Cooosa intende?" disse con la voce alterata dalla spossatezza "che significa per oggi?" "Per oggi significa che mi aspetto che tu mi conceda il tuo corpo ed i tuoi piedini una volta a settimana, per un'ora, fino alla fine dell'anno, in modo che io possa giocarci come ho fatto oggi. Se rifiuti, sai cosa di aspetta." "Ma Professoressa, non è giusto..." rispose Francesca con aria innocente. "Va bene Francesca, ti dò una terza possibilità: sono le 9 di sera. Se accetti di subire una tortura del solletico per tutta questa notte fino a domani mattina, smetterò di farti simili richieste." Francesca, che era ancora legata al lettino, pensando a quest'ultima possibilità sbiancò visibilmente: non si sentiva le forze per reggere un solo altro minuto di quella terribile tortura, e la sua aguzzina lo sapeva. "Ok, ho capito, ricomincio..." disse la Professoressa. Francesca, prontamente, ritornò in sè e disse: "Va bene, va bene. Accetto qualunque sua condizione." La Professoressa aggiunse: "di volta in volta ti dirò io come venire vestita. La prossima volta dovrai indossare dei collant neri con scarpe da sera, quelle col tacco." Franceschina annuì, mentre la Professoressa la liberava dal lettino della tortura.