Ti ricordi André quando abitavamo a Parigi? Era l’ultimo anno di lettere alla Sorbonne ma tu avresti terminato il Master qualche mese prima di me, mi dicesti entusiasta, sorridendo così da gonfiare le gote paffutelle leggermente arrossate dalla vemenza del momento. Ma non fu così Andrè lo sappiamo entrambi: la tua vita prese altri viali dei Champs Elises e della Rue de Rennes e altre cime di quelle dell’eccitante grattacielo di Montparnasse. La tua passione ti condusse in diverse città del mondo, ma non quello che conosciamo sia io che te. Eppure questa tua predilezione la condivisi ben presto. Ma riuscii a laurearmi con cento dieci e lode mentre tu ora (mi hai appena scritto in un email) sei schiavo del gioco e non quello che prediligevamo noi nella nostra città, ma dell’azzardo e della polvere bianca in un altro paese d’oltre oceano dove il nostro divertimento ha un altro nome. Giselle te la riesci ancora ad immaginare negli attimi che ti restano di lucidità? I suoi capelli rossi, lisci e lunghi che le scendevano lungo la schiena arcuata e il suo vitino sempre nudo d’estate, da ballerina delle Folie Bergere? Ed era tra le più giovani del corpo da ballo.
Al teatro della compagnia sulle Champ Elises ci andammo insieme quella sera d’estate di tre anni fa, perché tu avevi vinto due biglietti a una partita di poker a casa di un amico. Già eri affascinato dal quel cattivo vizio che ti avrebbe fatto piangere e non sorridere. Daltronde diventammo presto maestri nel far ridere le ragazze e la prima testimone fu Giselle. Dopo lo spettacolo tra ballerine in toples che danzavano con eleganza e raffinatezza, solleticate dalle cangianti piume colorate e luccicanti di sudore, ci recammo a bere un bicchire di vino nel caffè accanto al teatro sul viale a quell’ora trafficato come di giorno e animato dalla folla spensierata. Ci sedemmo a un tavolino a chiacchierare con in sottofondo la musica di una fisarmonica che proponeva le note romantiche della Vie en rose. Non appena terminata la canzone vedemmo introdursi nel locale una delle ballerine che avevamo appena ammirato dalla platea del teatro. Me ne accorsi prima io di te, Andrè, e ti diedi una lieve gomitata sul fianco tanto da farti sussultare come se ti avessi fatto del solletico.
‘’Philippe! Che fai?!’’
Non sapevo ancora che lo soffrissi. Come potrebbe un ragazzone come te alto uno e novanta, sì certo anche molto bello e più di me, con quei capelli biondi, gli occhi grigi e i tuoi lineamenti del viso raffinati e soprattutto le tue mani dalle dita lunghe e affusolate? Insomma un mignon come diciamo noi francesi. Eppure fu la tua rovina scoprirlo e non fui io ha farlo, nonostante quel mio tocco leggero e innocuo di quella sera, ma qualcuno dei tuoi cari, anni prima quando ancora eri al liceo...
I tuoi occhi fulgidi si spostarono verso Giselle ma la sorpresa rimase. Lei indossava una maglietta bianca senza manica con una piuma di cristallini luccicanti disegnata tra i seni minuti dai capezzoli ben in vista. Il suo nasino leggermente all’insù sembrava odorasse gli effluvi corporei di quella serata afosa misti al tabacco dolce delle sigarette. Il suo sguardo era nervoso, attento a tutte le sensazioni visive come daltronde anche il suo corpo: sotto le braccia s’intravedevano due leggeri aloni di sudore a forma di mezza luna. Anche lei, Andrè, ti notò subito dopo essersi seduta accanto a noi, appositamente, penso. Ci volle poco prima che tutti e tre sedessimo intorno allo stesso tavolino davanti a due bicchieri di vino e uno, quello di Giselle, di Pastis. Lei era in mezzo a pochi centimteri di distanza e mentre ci raccontava la sua esperienza di ballerina, interrompendo spesso le frasi con risatine isteriche, tu fosti il primo a sfiorala con la mano sinistra dietro la schiena. Giselle fece uno sbalzo che però controllò subito e ti lanciò uno sguardo misto di sorpresa, rabbia e appagamento; poi seguì un sorriso compiacente e proseguì il suo racconto ormai sensa senso. Non l’ascoltavamo nessuno dei due ed era solo parte del frastuono presente in quel caffè. Seguendo il tuo esempio Andrè, come facevo sempre all’univesrità, allungai anch’io la mia mano al fianco destro di Giselle e cominciai a sfiorarle la maglietta creando dei circoli con due dita l’indice e il medio. Lei scosse leggermente quella parte del torso ma non poteva smettere di parlare con te Andrè e quindi non si voltò. Ne profittai per far salire lentamente le due dita in alto, fin all’altezza del seno sinistro, dove lei si mosse ancora più vistosamente come se lo soffrisse di più. In quel momento tra le melodie isteriche della fisarmonica, il mormorio dei clienti e l’odore penetrante di sudore da ansia, noi due Andrè, stavamo facendo per un’altra volta insieme il chatouille a una ragazza. Giselle in quel pendente si torceva da una parte e dall’altra, cercando di proseguire il proprio discorso, sotto il tocco delle nostre mani, interrotto quasi a ogni frase da stridolini e attacchi di riso. Tanto da attirare l’attenzione dei vicini, involontariamente attratti e coinvolti, e conseguentemente anche la nostra forzata uscita dal locale. Ma fu proprizia per noi André, vero? La tua mansarda era ad appena dieci minuti dai Champs Elises...
Durante il nostro cammino verso Rue La Boetie e per le stradine notturne di Parigi, stuzzicando Giselle a cui non dispiaceva anzi sembrava eccitarsi a vedere dal colore roseo delle sue guance smilze, mi ritornarono in mente, Andrè, quelle storie che mi raccontasti dopo una lezione di letteratura erotica, Lady Chatterley's Lover, sulla tua situazione famigliare. Mi avevi spiegato che spesso trascorrevi le vacanze estive nella tenuta dei tuoi zii sulla Cotè d’Azur. C’era anche la tua cuginetta, brunetta molto carina mi dicevi, che però aveva una fissa. Sì, così la definisti quel giorno tu quando io ancora non sapevo della tua passione del solletico. Infatti Anne, mi sembra si chiamasse così, godeva a farti il chaotuille dopo averti legato a un alberello. Mi dicesti che fino alla prima volta che era avvenuta la tortura, tu non t’immaginavi di soffrire così talmente il solletico. La cuginetta sadica ti aveva per giorni e giorni solletticato dai piedi alle ascelle, ricattandoti di riferire ai suoi genitori che la notte in camera tu giocavi alle scomesse sui siti in rete e sniffavi cocaina. Allora nei giorni seguenti, prima di diventare tuo segugio in questa passione, riflettendo, io compresi che fare il chatouille alle ragazze era per te una rivalsa su quello che ti aveva fatto anni prima la crudele Anne. Infatti ormai da molti anni non la vedevi più la cuginetta e neanche la tenuta al mare. Però mi fu subito chiaro, Andrè, che il trauma lo avevi ormai subito e l’unica terapia che avrebbe funzionato per guarirti era quello di fare (alle tante Anne che vivevano in Francia) la stessa cosa che lei aveva fatto a te. Ecco Giselle per te non era altro che un’altra Anne e non importava che facesse parte del corpo da ballo delle Folie Bergere. E chi sà se anche Anne, un giorno, sarebbe finita sotto le tue dita eleganti?
Così Andrè non potrai scordare quando entrammo tutti e tre ridendo nella tua mansarda all’ultimo piano della palazzina di Rue de La Boetie. La porta l’apristi tu con le chiavi. C’introducemmo uno a uno nel piccolo anticamera e poi nell’unica stanza del monolocale che aveva una finestra con un balconcino che dava sul viale e sui tetti neri in stile classico della città del neo classicismo. L’interno non era arredato quasi per nulla, tranne un letto con spalliera di ferro, un divano beige macchiato qua e là di caffè. Chi sa che collegamento fece la mia mente con quel mobilio? Ma lo venni a sapere poco dopo...
Giselle si era tolta la giacchetta rossa estiva e si era sistemata sul divano a sorseggiare un bicchierino di liquore che le avevi servito tu, Andrè. Io mi ero messo ad ammirarla da un lato della stanza, difronte alla finestra che mi era alle spalle. Lei mi diceva, mentre tu rientravi nella camera, che le nostre carezzze di poco prima le erano piaciute molto, una specie di grattini che le faceva suo padre quando era piccola. Allora, non so se ti ricordi così precisamente Andrè, io le spiegai che in verità non erano i grattini ma il chatouille. Giselle mi fissò stupefatta con il suo nasino all’insù, ma secondo me mentiva, conoscendo bene la differenza tra gli uni e l’altro. Tu Andrè, dopo esserti seduto accanto a lei le dicesti: ‘’ Giselle vorresti provare la differenza?!’’
‘’Uhm... perché no...’’ rispose lei, scuotendo leggermente i capelli rossi.
‘’Vorresti fare con noi una seduta di solletico?!
Seguì un attimo di silenzio in quella camera, mentre fuori in lontananza si udiva il traffico della notte parigina.
‘’Oui...porquoi pas?’’ rispose Giselle con un sorriso timido sulle labbra.
‘’Phillipe!’’ mi dicesti tu facendomi un segno diretto al letto. ‘’ Prendi la scatola che c’è lì sotto...’’
E io, come a tutti i tuoi comandi Andrè, mi alzai dal divano e andati a prelevare il contenitore dove al suo interno e come tu sapevi, c’erano dei fogliettini di carta, una tazza, una piuma di gabbiano e due foulard a pallini rosa. Te la portai dov’eri seduto, accando a Giselle.
‘’ Ora ascoltami Giselle...’’ dicesti tu tirando fuori uno alla volta gli oggetti suddetti. ‘’ Ora facciamo un gioco...’’
‘’Ah sì?’’ esclamò lei con un sorriso ancora rilassato. ‘’ Che tipo?’’
‘’In inglese si chiama tickle challenge.’’ chiarii, rimettendomi a sedere accando a Giselle.
‘’Ah... cominciamo allora!’’ esclamò lei entusiasta.
Tu Andrè, se hai ancora la mente lucida, ti ricorderai che preparasti tutti i fogliettini e l’infilasti nella tazza grigia. Caricasti il cronometro sul cellulare e poi piazzasti il recipiente sotto gli occhi fulgidi di Giselle.
‘’ Scegline uno!’’ ordinai io.
Giselle dopo aver girato le dita nella tazza ne tirò fuori uno, lo aprì e lo lesse: ‘’ Tre minuti... aisselles... plume...’’
‘’Bene...’’ dicesti tu Andrè prendendo in mano la piuma di gabbiano grigia di dieci centimetri circa. ‘’Ora Giselle... alza le braccia, con le mani dietro la nuca...’’
Giselle incantata dall’atmosfera tesissima che regnava in quei tre minuti, seguì i tuoi ordini Andrè.
Le braccia in quella posizione erano proprio quelle tipiche di una ballerina, longilinee, magre senza ombra di muscolo e sotto le ascelle lisce uno strato lucido di umidità che emanava un profumo misto di deodorante e sudore femminile penetrante ma gradevole anche alle mie narici. Io infatti André, non te ne avevo mai parlato della mia passione per le ascelle femminili. Sì, starei lì a guardarle, toccarle e odorarle per ore.
Ma la tua piuma caro amico cominciò a sfiorare il polso di Giselle, che emise un mugolio e si storse leggermente: ‘’ Hii... mi fa il ...chattouille...’’ balbettò con la sua vocina. La punta scese lentamente all’avambraccio soffermandosi all’interno del gomito, dove Giselle esclamò: ‘’ Non... lo soffro... lì ... se terrible!’’ Infine la piuma grigia entrò nell'ascella e Giselle emise un urlo: ‘’ Les aisselles ... non s’il vou plait‘’ Ma la tua mano Andrè faceva andare su e giù a destra e a sinistra, quella che era stata parte di un gabbiano. Giselle alzava la testa e chiudeva gli occhi, rideva, tratteneva il fiato, si dimenava come poteva ma soprattutto, Andrè, ebbi l’impressione che provava un immenso piacere!
Sai Andrè chi è qui con me mentre ti scrivo al computer? Non te lo immagini ma la tua cara cuginetta... sì proprio lei, Anne! E’ cresciuta però ed è più sexy ora. Te lo avevo sempre detto che da segugio e soprattutto amico ti avrei aiutato nei momenti di difficoltà? E purtroppo sono arrivati! E la causa è solo lei, Andrè.
Ora Anne è legata mani e piedi sul mio letto, qui a pochi centimetri da me.
Vero Anne? Che dici? Aspetta che ti tolgo la benda dalla bocca così potrai dire qualche cosa al tuo caro cugino d’America.
’’Uhff... lasciami andare, ti prego!’’
Andrè mi chiede di liberarla... che devo fare?
No?! Lo so che mi avresti risposto così. Gliela dobbiamo far pagare alla sadica cuginetta.
‘’ No... Philippe... il solletico non lo sopporto... ti prego!’’
Un altro pochino Anne, finché non confessi quello che hai combinato al mio caro amico.
La piuma la passiamo sotto le ascelline, eh? un po’ sudate... come mi piacciono... e senti che profumo di ansia....
‘’Ahhhh ahahaha ... fermati... le ascelle no...’’
Allora confessa, Anne!
‘’Va bene...’’
Prendi fiato Anne, altrimenti passo all’ombelico.
‘’No, no... ascolta Philippe.. chiedo scusa ad André... scriviglielo’’
Sono qui dietro la tastiera, dimmi Anne.
‘’Sono stata io a riferire ai suoi genitori... i miei zii, del suo vizio del gioco e della cocaina..’’
Ah... hai visto Andrè cosa ha detto Anne? Te l’ho scritto lettera per lettera... Ma continua Anne!
‘’Andrè mi è sempre piaciuto da morire.. quando lo torturavo col solletico mi eccitavo tantissimo...’’
Me lo potevo immaginare. E allora perché lo hai tradito con tanta bassezza se ne eri innamorata? Facendolo scappare in America?
‘’Non ci sarebbero state speranze per me... le nostre famiglie non avrebbero accettato un nostro rapporto... tra cugini.. e poi...’’
E poi, Anne?
‘’Lui non era innamorato... mi ha sempre rifiutato anche per una questione di etica... quella volta che volevo fare all’amore con lui...’’
Senti André? Anne ti ha rovinato la vita per vendetta. Ti sembra una scusa accettabile? Per com’è finita per te caro amico mio, la risposta gliela do’ io alla cuginetta...
‘’Eh? Che risposta, Philippe?’’
No! Questa è la nostra risposta Anne. Vero Andrè?
‘’E ora? Lasciami andare, slegami...’’
Ah, ah, ah... adesso comincia veramente, Anne, la tua punizione.
Guarda un po’... è appena arrivata la risposta di Andrè. Che dice?! Ah sì...
‘’Allora leggila, Philippe?’’
Vediamo... uhm... sì...
‘’Sì che, Philippe?’’
Andrè scive che tornerà a Parigi col primo aereo disponibile da Las Vegas...
‘’Be’.. è una buona notizia, vero? Ora puoi slegarmi!’’
Aspetta Anne... scrive... intanto posso cominciare a farti il chattouille!
‘’No! Il chattouille no... Andrè non mi ha perdonata allora...’’
Mi chiede anche di non liberarti quando avrò finito di torturarti... e di tenerti prigionera qui in casa mia.
‘’Eh? E perché?’’
Indovina, Anne?
‘’Non ci credo...’’
Invece sì Anne... Andrè si vuole vendicare personalmente una volta per tutte quelle che lo hai legato all’albero facendolo morire di chattouille.
Anne comincia a piangere, mentre io mi avvicino ai suoi piedi con la piuma in una mano.
Al teatro della compagnia sulle Champ Elises ci andammo insieme quella sera d’estate di tre anni fa, perché tu avevi vinto due biglietti a una partita di poker a casa di un amico. Già eri affascinato dal quel cattivo vizio che ti avrebbe fatto piangere e non sorridere. Daltronde diventammo presto maestri nel far ridere le ragazze e la prima testimone fu Giselle. Dopo lo spettacolo tra ballerine in toples che danzavano con eleganza e raffinatezza, solleticate dalle cangianti piume colorate e luccicanti di sudore, ci recammo a bere un bicchire di vino nel caffè accanto al teatro sul viale a quell’ora trafficato come di giorno e animato dalla folla spensierata. Ci sedemmo a un tavolino a chiacchierare con in sottofondo la musica di una fisarmonica che proponeva le note romantiche della Vie en rose. Non appena terminata la canzone vedemmo introdursi nel locale una delle ballerine che avevamo appena ammirato dalla platea del teatro. Me ne accorsi prima io di te, Andrè, e ti diedi una lieve gomitata sul fianco tanto da farti sussultare come se ti avessi fatto del solletico.
‘’Philippe! Che fai?!’’
Non sapevo ancora che lo soffrissi. Come potrebbe un ragazzone come te alto uno e novanta, sì certo anche molto bello e più di me, con quei capelli biondi, gli occhi grigi e i tuoi lineamenti del viso raffinati e soprattutto le tue mani dalle dita lunghe e affusolate? Insomma un mignon come diciamo noi francesi. Eppure fu la tua rovina scoprirlo e non fui io ha farlo, nonostante quel mio tocco leggero e innocuo di quella sera, ma qualcuno dei tuoi cari, anni prima quando ancora eri al liceo...
I tuoi occhi fulgidi si spostarono verso Giselle ma la sorpresa rimase. Lei indossava una maglietta bianca senza manica con una piuma di cristallini luccicanti disegnata tra i seni minuti dai capezzoli ben in vista. Il suo nasino leggermente all’insù sembrava odorasse gli effluvi corporei di quella serata afosa misti al tabacco dolce delle sigarette. Il suo sguardo era nervoso, attento a tutte le sensazioni visive come daltronde anche il suo corpo: sotto le braccia s’intravedevano due leggeri aloni di sudore a forma di mezza luna. Anche lei, Andrè, ti notò subito dopo essersi seduta accanto a noi, appositamente, penso. Ci volle poco prima che tutti e tre sedessimo intorno allo stesso tavolino davanti a due bicchieri di vino e uno, quello di Giselle, di Pastis. Lei era in mezzo a pochi centimteri di distanza e mentre ci raccontava la sua esperienza di ballerina, interrompendo spesso le frasi con risatine isteriche, tu fosti il primo a sfiorala con la mano sinistra dietro la schiena. Giselle fece uno sbalzo che però controllò subito e ti lanciò uno sguardo misto di sorpresa, rabbia e appagamento; poi seguì un sorriso compiacente e proseguì il suo racconto ormai sensa senso. Non l’ascoltavamo nessuno dei due ed era solo parte del frastuono presente in quel caffè. Seguendo il tuo esempio Andrè, come facevo sempre all’univesrità, allungai anch’io la mia mano al fianco destro di Giselle e cominciai a sfiorarle la maglietta creando dei circoli con due dita l’indice e il medio. Lei scosse leggermente quella parte del torso ma non poteva smettere di parlare con te Andrè e quindi non si voltò. Ne profittai per far salire lentamente le due dita in alto, fin all’altezza del seno sinistro, dove lei si mosse ancora più vistosamente come se lo soffrisse di più. In quel momento tra le melodie isteriche della fisarmonica, il mormorio dei clienti e l’odore penetrante di sudore da ansia, noi due Andrè, stavamo facendo per un’altra volta insieme il chatouille a una ragazza. Giselle in quel pendente si torceva da una parte e dall’altra, cercando di proseguire il proprio discorso, sotto il tocco delle nostre mani, interrotto quasi a ogni frase da stridolini e attacchi di riso. Tanto da attirare l’attenzione dei vicini, involontariamente attratti e coinvolti, e conseguentemente anche la nostra forzata uscita dal locale. Ma fu proprizia per noi André, vero? La tua mansarda era ad appena dieci minuti dai Champs Elises...
Durante il nostro cammino verso Rue La Boetie e per le stradine notturne di Parigi, stuzzicando Giselle a cui non dispiaceva anzi sembrava eccitarsi a vedere dal colore roseo delle sue guance smilze, mi ritornarono in mente, Andrè, quelle storie che mi raccontasti dopo una lezione di letteratura erotica, Lady Chatterley's Lover, sulla tua situazione famigliare. Mi avevi spiegato che spesso trascorrevi le vacanze estive nella tenuta dei tuoi zii sulla Cotè d’Azur. C’era anche la tua cuginetta, brunetta molto carina mi dicevi, che però aveva una fissa. Sì, così la definisti quel giorno tu quando io ancora non sapevo della tua passione del solletico. Infatti Anne, mi sembra si chiamasse così, godeva a farti il chaotuille dopo averti legato a un alberello. Mi dicesti che fino alla prima volta che era avvenuta la tortura, tu non t’immaginavi di soffrire così talmente il solletico. La cuginetta sadica ti aveva per giorni e giorni solletticato dai piedi alle ascelle, ricattandoti di riferire ai suoi genitori che la notte in camera tu giocavi alle scomesse sui siti in rete e sniffavi cocaina. Allora nei giorni seguenti, prima di diventare tuo segugio in questa passione, riflettendo, io compresi che fare il chatouille alle ragazze era per te una rivalsa su quello che ti aveva fatto anni prima la crudele Anne. Infatti ormai da molti anni non la vedevi più la cuginetta e neanche la tenuta al mare. Però mi fu subito chiaro, Andrè, che il trauma lo avevi ormai subito e l’unica terapia che avrebbe funzionato per guarirti era quello di fare (alle tante Anne che vivevano in Francia) la stessa cosa che lei aveva fatto a te. Ecco Giselle per te non era altro che un’altra Anne e non importava che facesse parte del corpo da ballo delle Folie Bergere. E chi sà se anche Anne, un giorno, sarebbe finita sotto le tue dita eleganti?
Così Andrè non potrai scordare quando entrammo tutti e tre ridendo nella tua mansarda all’ultimo piano della palazzina di Rue de La Boetie. La porta l’apristi tu con le chiavi. C’introducemmo uno a uno nel piccolo anticamera e poi nell’unica stanza del monolocale che aveva una finestra con un balconcino che dava sul viale e sui tetti neri in stile classico della città del neo classicismo. L’interno non era arredato quasi per nulla, tranne un letto con spalliera di ferro, un divano beige macchiato qua e là di caffè. Chi sa che collegamento fece la mia mente con quel mobilio? Ma lo venni a sapere poco dopo...
Giselle si era tolta la giacchetta rossa estiva e si era sistemata sul divano a sorseggiare un bicchierino di liquore che le avevi servito tu, Andrè. Io mi ero messo ad ammirarla da un lato della stanza, difronte alla finestra che mi era alle spalle. Lei mi diceva, mentre tu rientravi nella camera, che le nostre carezzze di poco prima le erano piaciute molto, una specie di grattini che le faceva suo padre quando era piccola. Allora, non so se ti ricordi così precisamente Andrè, io le spiegai che in verità non erano i grattini ma il chatouille. Giselle mi fissò stupefatta con il suo nasino all’insù, ma secondo me mentiva, conoscendo bene la differenza tra gli uni e l’altro. Tu Andrè, dopo esserti seduto accanto a lei le dicesti: ‘’ Giselle vorresti provare la differenza?!’’
‘’Uhm... perché no...’’ rispose lei, scuotendo leggermente i capelli rossi.
‘’Vorresti fare con noi una seduta di solletico?!
Seguì un attimo di silenzio in quella camera, mentre fuori in lontananza si udiva il traffico della notte parigina.
‘’Oui...porquoi pas?’’ rispose Giselle con un sorriso timido sulle labbra.
‘’Phillipe!’’ mi dicesti tu facendomi un segno diretto al letto. ‘’ Prendi la scatola che c’è lì sotto...’’
E io, come a tutti i tuoi comandi Andrè, mi alzai dal divano e andati a prelevare il contenitore dove al suo interno e come tu sapevi, c’erano dei fogliettini di carta, una tazza, una piuma di gabbiano e due foulard a pallini rosa. Te la portai dov’eri seduto, accando a Giselle.
‘’ Ora ascoltami Giselle...’’ dicesti tu tirando fuori uno alla volta gli oggetti suddetti. ‘’ Ora facciamo un gioco...’’
‘’Ah sì?’’ esclamò lei con un sorriso ancora rilassato. ‘’ Che tipo?’’
‘’In inglese si chiama tickle challenge.’’ chiarii, rimettendomi a sedere accando a Giselle.
‘’Ah... cominciamo allora!’’ esclamò lei entusiasta.
Tu Andrè, se hai ancora la mente lucida, ti ricorderai che preparasti tutti i fogliettini e l’infilasti nella tazza grigia. Caricasti il cronometro sul cellulare e poi piazzasti il recipiente sotto gli occhi fulgidi di Giselle.
‘’ Scegline uno!’’ ordinai io.
Giselle dopo aver girato le dita nella tazza ne tirò fuori uno, lo aprì e lo lesse: ‘’ Tre minuti... aisselles... plume...’’
‘’Bene...’’ dicesti tu Andrè prendendo in mano la piuma di gabbiano grigia di dieci centimetri circa. ‘’Ora Giselle... alza le braccia, con le mani dietro la nuca...’’
Giselle incantata dall’atmosfera tesissima che regnava in quei tre minuti, seguì i tuoi ordini Andrè.
Le braccia in quella posizione erano proprio quelle tipiche di una ballerina, longilinee, magre senza ombra di muscolo e sotto le ascelle lisce uno strato lucido di umidità che emanava un profumo misto di deodorante e sudore femminile penetrante ma gradevole anche alle mie narici. Io infatti André, non te ne avevo mai parlato della mia passione per le ascelle femminili. Sì, starei lì a guardarle, toccarle e odorarle per ore.
Ma la tua piuma caro amico cominciò a sfiorare il polso di Giselle, che emise un mugolio e si storse leggermente: ‘’ Hii... mi fa il ...chattouille...’’ balbettò con la sua vocina. La punta scese lentamente all’avambraccio soffermandosi all’interno del gomito, dove Giselle esclamò: ‘’ Non... lo soffro... lì ... se terrible!’’ Infine la piuma grigia entrò nell'ascella e Giselle emise un urlo: ‘’ Les aisselles ... non s’il vou plait‘’ Ma la tua mano Andrè faceva andare su e giù a destra e a sinistra, quella che era stata parte di un gabbiano. Giselle alzava la testa e chiudeva gli occhi, rideva, tratteneva il fiato, si dimenava come poteva ma soprattutto, Andrè, ebbi l’impressione che provava un immenso piacere!
Sai Andrè chi è qui con me mentre ti scrivo al computer? Non te lo immagini ma la tua cara cuginetta... sì proprio lei, Anne! E’ cresciuta però ed è più sexy ora. Te lo avevo sempre detto che da segugio e soprattutto amico ti avrei aiutato nei momenti di difficoltà? E purtroppo sono arrivati! E la causa è solo lei, Andrè.
Ora Anne è legata mani e piedi sul mio letto, qui a pochi centimetri da me.
Vero Anne? Che dici? Aspetta che ti tolgo la benda dalla bocca così potrai dire qualche cosa al tuo caro cugino d’America.
’’Uhff... lasciami andare, ti prego!’’
Andrè mi chiede di liberarla... che devo fare?
No?! Lo so che mi avresti risposto così. Gliela dobbiamo far pagare alla sadica cuginetta.
‘’ No... Philippe... il solletico non lo sopporto... ti prego!’’
Un altro pochino Anne, finché non confessi quello che hai combinato al mio caro amico.
La piuma la passiamo sotto le ascelline, eh? un po’ sudate... come mi piacciono... e senti che profumo di ansia....
‘’Ahhhh ahahaha ... fermati... le ascelle no...’’
Allora confessa, Anne!
‘’Va bene...’’
Prendi fiato Anne, altrimenti passo all’ombelico.
‘’No, no... ascolta Philippe.. chiedo scusa ad André... scriviglielo’’
Sono qui dietro la tastiera, dimmi Anne.
‘’Sono stata io a riferire ai suoi genitori... i miei zii, del suo vizio del gioco e della cocaina..’’
Ah... hai visto Andrè cosa ha detto Anne? Te l’ho scritto lettera per lettera... Ma continua Anne!
‘’Andrè mi è sempre piaciuto da morire.. quando lo torturavo col solletico mi eccitavo tantissimo...’’
Me lo potevo immaginare. E allora perché lo hai tradito con tanta bassezza se ne eri innamorata? Facendolo scappare in America?
‘’Non ci sarebbero state speranze per me... le nostre famiglie non avrebbero accettato un nostro rapporto... tra cugini.. e poi...’’
E poi, Anne?
‘’Lui non era innamorato... mi ha sempre rifiutato anche per una questione di etica... quella volta che volevo fare all’amore con lui...’’
Senti André? Anne ti ha rovinato la vita per vendetta. Ti sembra una scusa accettabile? Per com’è finita per te caro amico mio, la risposta gliela do’ io alla cuginetta...
‘’Eh? Che risposta, Philippe?’’
No! Questa è la nostra risposta Anne. Vero Andrè?
‘’E ora? Lasciami andare, slegami...’’
Ah, ah, ah... adesso comincia veramente, Anne, la tua punizione.
Guarda un po’... è appena arrivata la risposta di Andrè. Che dice?! Ah sì...
‘’Allora leggila, Philippe?’’
Vediamo... uhm... sì...
‘’Sì che, Philippe?’’
Andrè scive che tornerà a Parigi col primo aereo disponibile da Las Vegas...
‘’Be’.. è una buona notizia, vero? Ora puoi slegarmi!’’
Aspetta Anne... scrive... intanto posso cominciare a farti il chattouille!
‘’No! Il chattouille no... Andrè non mi ha perdonata allora...’’
Mi chiede anche di non liberarti quando avrò finito di torturarti... e di tenerti prigionera qui in casa mia.
‘’Eh? E perché?’’
Indovina, Anne?
‘’Non ci credo...’’
Invece sì Anne... Andrè si vuole vendicare personalmente una volta per tutte quelle che lo hai legato all’albero facendolo morire di chattouille.
Anne comincia a piangere, mentre io mi avvicino ai suoi piedi con la piuma in una mano.
Last edited: