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La macchina infernale

Hellbow

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Nov 24, 2013
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Lo scienziato aveva un'aspetto giovanile, ma non imberbe. Slanciato nel suo camice bianco, parlava con tono professionale e conciso, ora guardando la volontaria negli occhi, ora sbirciando i suggerimenti scritti sulla cartella che teneva salda fra le mani.
«In parole povere, con questo esperimento» spiegava «cercheremo di misurare le capacità di autocontrollo della persona in una situazione di stress». Francesca, comodamente seduta su una poltrona che rassomigliava per comodità e design a quella di un dentista, ascoltava con silenziosa attenzione, annuendo con lenti cenni del capo e con aria presa - le mani giunte con le dita intrecciate, che giocherellavano fra loro. «Nel corso di tutto l'esperimento» continuò il dottore «eseguiremo un monitoraggio delle sue funzioni vitali, ed in particolar modo di quelle cerebrali, eseguendo sia un elettroencefalogramma che una risonanza magnetica funzionale.»

«E quel televisore?» chiese Francesca, intrecciando un dito fra i lunghi capelli biondi e ricci, mentre con l'altra mano indicava uno schermo posto proprio davanti alla sua sedia. «Ah, quello?» fece lo scienziato «Quello servirà a rendere la situazione leggermente più... stressante...» emise un colpo di tosse, dunque riprese «Le forniremo in tempo reale un feedback visivo dell'esperimento, potrà cioè vedere cosa accade grazie alla telecamera che vede proprio sopra il monitor. Ma è solo un dettaglio, signorina. Non si deve preoccupare di nulla, anzi cerchi di rilassarsi e si goda l'esperimento. Sono certo che si divertirà.»

Congedatosi dalla paziente, lo scienziato fece un cenno al suo collaboratore, che gli diede il cambio. Mentre il dottore spariva dietro una porta insonorizzata, l'altro si mise ad armeggiare con le cinghie imbottite presenti sul poggiapiedi e sui braccioli della poltrona. Immobilizzati i piedi di Francesca, il collaboratore, anch'egli vestito di bianco, le sfilò gli stivaletti marroni e, quindi, i calzini di candida spugna; dunque, tramite una serie di laccetti, immobilizzò in posizione estesa le singole dita di ciascun piede.
Con la stessa meticolosità, assicurò le mani ai braccioli. «Perché anche le mani?» domandò Francesca.
«Come le ha già spiegato il mio collega» rispose gentilmente il collaboratore «Dopo i primi 20 secondi di attivazione, la macchina diminuisce o aumenta l'intensità dello stimolo in base ai decibel emessi dal volontario - in questo caso da lei.» Francesca lo guardò riducendo le palpebre a delle fessure. «Se lei potesse mettersi le mani davanti alla bocca» chiarì ulteriormente l'altro «influenzerebbe il feedback fornito all'intelligenza artificiale».

«Capisco!» esclamò Francesca, mentre il collaboratore, concluso il suo lavoro, avvicinò il misterioso macchinario ai piedi della ragazza, e con un cenno alla telecamera comunicava che l'esperimento poteva avere inizio. Francesca vide l'uomo allontanarsi chiudendo dietro di sé la stessa porta che il dottore aveva imboccato prima di lui, e per alcuni secondi restò in attesa.
Dopo circa un minuto, che lei aveva trascorso guardandosi intorno, avvertì un ronzio, seguito da un rumore meccanico, come di parti metalliche che tintinnano toccandosi fra loro. Il monitor davanti a lei si accese, mostrando una immagine ad alta definizione delle piante dei suoi piedi. Dall'interfono squillò la voce dello scienziato di prima. «Allora, è pronta? Va tutto bene?»

«Sì, tutto bene, sono pronta!» disse Francesca. "Non ci vorrà molto" pensò "Sbrigo questa faccenda e vado a incassare". La ragazza, infatti, non si era sottoposta a questo esperimento per amor di scienza, ma per vil denaro, volendo togliersi alcuni sfizi ed avendo bisogno, per farlo, proprio dei 100 euro che l'equipe aveva offerto ai volontari.

La macchina, di colore argenteo e di forma cuboidale, coi bordi smussi, si aprì leggermente sul fronte, ronzando. Due esile bracci meccanici emersero dalle feritoia, ruotando su loro stessi. Sulle sommità di ciascuno erano presenti due tamponi di tessuto ruvido, dalla consistenza ispida e pelosa, di colore rossastro. Francesca aveva un espressione seria, impassibile. I due tamponi, girando con ritmo lento, presero contatto con le piante dei suoi piedi. Francesca rimase seria. Si morse leggermente il labbro inferiore, buttando un occhio sullo schermo innanzi a sé: poteva vedere i due bracci carezzare meccanicamente la pelle dei suoi piedi piccoli e ben curati, senza smalto né altri vezzi estetici.

Pochi secondi dopo, altri due strumenti emersero dalle feritoie, affiancando i precedenti: si trattava anche in questo caso di due bracci di metallo, sui cui estremi una ruota con denti smussi vibrava, mentre i bracci si muovevano in su e in giù di circa tre centimetri. Non appena giunsero a toccare i piedi di Francesca, questa sussultò vagamente sorpresa. I battiti del suo cuore accelerarono, mentre dalla bocca fuggì un risolino che, seppur appena udibile, non fu ignorato dall'orecchio sensibilissimo dell'intelligenza artificiale. Il ritmo del solletico aumentò leggermente, e così quello del respiro della volontaria.

"Oddio, che succede?" pensò. La sensibilità dei suoi piedi sembrò stupirla. Pur cercando di non emettere un fiato, sentiva che la sua forza di volontà, per qualche strano motivo, stava venendo meno. Il suo corpo la stava tradendo? Non fece in tempo a capacitarsi dello sforzo che tale prova le richiedeva, quando, con grande sgomento, si avvide che dalle fessure del cubo l'ennesima coppia di bracci stava dirigendosi verso le sue estremità indifese: stavolta, le appendici meccaniche erano armate di piume variopinte che vibravano disordinatamente.

«Ahahah!». "No!" pensò lei tappandosi la bocca, mentre l'intelligenza artificiale prendeva a solleticarla ancor più intensamente. I tamponi roteavano ora al triplo della velocità iniziale, e così le rotelle si muovevano percorrendo un tracciato più ampio lungo le sue arcate plantari. Le piume si muovevano, almeno loro, alla stessa velocità. «Ahahahah!» Francesca stava cedendo. Il solletico aumentò ancora. Per di più, le era impossibile reagire in alcun modo, perché, come si è detto, le sue dita erano immobilizzate, e così a lei risultava impossibile corrugare i piedi nel tentativo di aumentare almeno di un po' la propria resistenza.

«Ahahahahah!». Senza interrompere neanche per un istante la tortura, la scatola ronzò nuovamente. Stavolta, fu la sua sommità ad aprirsi, mostrando gli ennesimi marchingegni disposti dagli scienziati per farla cedere...

Continua...
 
Guarda un pò!!! Qualcosa mi dice che il buon Hellbow ci sta prendendo gusto!
Molto intrigante l'idea di una macchina infernale!
Dal mio punto di vista, davvero una trovata originale :)
Bravo!!!

:nicethread:
 
Ti ringrazio.

Rileggendo quello che ho scritto, non credo di aver fatto un lavoro eccellente... nella mia testa sembrava migliore, ma conto di fare di più nel sequel...
 
Bell'inizio storia,complimenti! Complimenti anche per le altre:)
 
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